Cultura

48 ANNI DALLA MORTE: TOTÒ, LA SUA NAPOLI E IL SUO CINEMA

Il 17 aprile di quarantotto anni fa, Nino Taranto salutava per l’ultima volta il suo amico Totò, a nome suo e della sua città che tanto l’aveva amato: «Addio Totò, addio amico mio. Napoli, questa tua Napoli affranta dal dolore vuole farti sapere che sei stato uno dei suoi figli migliori e non ti scorderà mai». In realtà, al di là dell’estremo saluto che migliaia di persone accorsero a dare al celebre attore in occasione della cerimonia funebre, Napoli non ha mai detto veramente addio a Totò. Napoli non lo ha mai dimenticato, come diceva appunto Nino Taranto, né l’avrebbe fatto il resto d’Italia, né il mondo intero.

Totò moriva a Roma il 15 aprile 1967, mentre sospirava il suo ultimo desiderio di essere riportato nella sua amata città. Nato Antonio Vincenzo Stefano Clemente, gli fu riconosciuto soltanto più tardi quel titolo che annunciava le sue nobili discendenze, ma per tutti era soltanto Totò, a cominciare dalla madre che gli affibbiò il nomignolo destinato a rimanere nella memoria collettiva. Un nomignolo diventato poi un nome di grande richiamo per il pubblico e risonanza nel mondo dello spettacolo, veniva addirittura inserito nei titoli delle sue pellicole. Il primo fu Totò al giro d’Italia, del 1948, quando l’attor non aveva girato nemmeno una decina di film per il grande schermo, e da allora ben trentasei opere furono denominate a partire dal suo stesso nome, a testimonianza del fatto che tutta la trama e il resto del cast gli si modellavano attorno. Non importava cosa accadesse nei suoi film, il pubblico voleva lui e soltanto lui.

È, questa, soltanto una piccola testimonianza dello status di icona a cui Totò giunse ben presto nel corso della sua carriera; quello stesso status a cui le star del cinema arrivano quando si avviano verso il viale del tramonto, o peggio, quando ormai non ci sono più. Ma non fu così per Antonio De Curtis, che riuscì prestissimo ad entrare nelle fantasie e nei ricordi degli italiani grazie alla sua espressione sognante o a quei tratti malinconici, grazie ad un volto facilmente riconoscibile e ad una mimica facciale che facilitarono il paragone con le stelle d’oltreoceano quali Charlie Chaplin e Buster Keaton, attori che sapevano recitare pur senza profferire una sola parola. Come loro, Totò usava il suo corpo come il più raffinato degli strumenti per esprimersi e comunicare col suo pubblico; ma a differenza degli altri, come ebbe a dire già Mario Castellani, Totò non era solo cinema, Totò era anche teatro, dove era nato e si era formato come artista, e dove non smise di lavorare, instancabilmente, quasi fino alla fine.

Se la gente da un lato amava i suoi tic e le sue smorfie, con cui l’attore riusciva a far ridere e far commuovere con una semplice alzata di occhi, dall’altro s’innamorò anche delle sue memorabili battute cinematografiche, come anche delle sue poesie, e soprattutto della sua canzone, Malafemmina, così palpitante di amore eppure così intrisa di amarezza. Attraverso il suo corpo Totò dimostrava un ineguagliabile talento comico, e con la parola sprigionava passione, arguzia e intelligenza, sia che si trattasse di un testo scritto, sia che si esprimesse a voce, con quella stessa voce con cui confidava alla compagna Franca Faldini il desiderio di tornare a Napoli per le prossima vacanze estive, inconsapevole del fatto che ci sarebbe tornato anche prima, suo malgrado. Il cuore lo stava abbandonando, e nel frattempo comunicava al cugino che proprio il suo cuore, almeno una sua parte, era rimasta a Napoli, dove, in punto di morte, chiese di essere riportato.

Totò lavorò al cinema con numerosissimi registi, come Steno, Camillo Mastrocinque e Mario Monicelli, ma anche con Dino Risi, Roberto Rossellini, Vittorio De Sica e Pierpaolo Pasolini; vinse un Nastro d’argento, per la sua interpretazione in Guardie e ladri, e lavorò con Peppino De Filippo, Fernandel, Aldo Fabrizi, Carlo Croccolo, Nino Manfredi e persino con Mina, in occasione del programma tv Studio Uno. Ha recitato in ben 97 film per il grande schermo e una cinquantina di produzioni per il teatro, sempre mescolando reminiscenze letterarie a rimandi cinematografici e alla sua profonda conoscenza dell’italiano medio, oltre a lasciarci anche una ragguardevole produzione musicale e poetica (di cui potete trovare un assaggio nel video proposto a fine articolo). Ancora oggi, i suoi film sono regolarmente programmati in televisione, su circuiti locali e nazionali, a testimonianza che Napoli e il suo Paese non l’hanno dimenticato, e non lo faranno mai.

L’interpretazione delle poesie di Totò dalla voce dell’attore Gianni Caputo:
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