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A POGGIOREALE MAURIZIO DE GIOVANNI, IL NAPOLI E LE STORIE SANNITE

«La cultura è l’ottavo sacramento». È così che Samuele Ciambriello inaugura un incontro all’interno del carcere di Poggioreale, nell’ambito dell’iniziativa “La lettura libera”, che ha coinvolto quaranta detenuti dei padiglioni Livorno, Avellino e Firenze. Scopo del progetto è quello di invogliare i detenuti medesimi alla lettura, non perché questo sia un modo come un altro per riempire la giornata, ma perché possano utilizzare questi strumenti per condividere la conoscenza e diventare più liberi. «La cultura – continua Ciambriello – è manifestazione di libertà e dignità, e la lettura è un tesoro da riscoprire».
Il progetto, promosso dall’associazione La Mansarda, di cui Ciambriello è presidente, prevede la lettura di sei libri da parte dei detenuti che vi hanno aderito, e di volta in volta, un incontro con gli autori degli stessi. A rispondere alle loro curiosità, stavolta, ci sono stati Maurizio De Giovanni, autore de Il resto della settimana (Rizzoli editore) e Bruno Menna, giornalista che ha preso parte all’impresa a più mani In co’ del ponte presso a Benevento (EdiMedia editore), edito da Danila De Lucia, anche lei presente. Accanto a loro, il Direttore del carcere, Antonio Fullone, il quale, nel ringraziare La Mansarda per questa e altre iniziative che ha curato all’interno dello spazio del penitenziario napoletano, ha messo in luce come da due testi come quelli proposti in quest’occasione emerga con tutta la sua forza il valore fondamentale dei sentimenti, che i detenuti stessi imparano a condividere, riconoscendo la loro appartenenza alla comunità. “La lettura libera”, infatti, è una di quelle esperienze in grado di eliminare il divario tra il dentro e il di fuori, di permettere a chi vive all’interno del carcere di fare un uso ragionevole del proprio tempo, che sia impiegato in attività formative e di riabilitazione, e di stimolare i detenuti stessi a dialogare tra di loro e con gli altri.

Poggioreale
In co’ del ponte presso a Benevento è una raccolta di racconti ideati da otto autori diversi, tra cui abbiamo già ricordato Menna e Ciambriello, e nasce dall’idea di voler conservare la memoria di chi siamo e da dove veniamo, perché soltanto in tal modo – a dirlo è Danila De Lucia – possiamo proiettarci verso il futuro. E la memoria, in questo caso, è quella di esistenze individuali e personali che si fondono, però, in un ricordo collettivo e condiviso da una società intera.
Citando le parole di De Giovanni, invece, il suo è «un libro che racconta il calcio spalle al campo, cioè l’effetto del calcio sulle persone». Se infatti è difficile raccontare il calcio cercando di rendere il racconto stesso altrettanto avvincente del gioco, resta la possibilità di fare luce sugli effetti dello sport, sulle meravigliose conseguenze che produce in ognuno di noi, e sulla passione per la maglia azzurra. «Il calcio è una grande rappresentazione, e nella massa, talvolta, la gente dà il peggio di sé, perché nell’insieme si nasconde e crede di essere impunibile», e se rimane la necessità di sorveglianza e sicurezza, non si può dimenticare di come il calcio sia al tempo stesso uno sfogo indispensabile, che da solo è in grado di abbattere le barriere tra le categorie sociali, di mettere sullo stesso piano persone della più diversa estrazione sociale, e di far sì che un padre e un figlio ritornino ad essere, anche solo per la durata di una partita, un padre e un figlio e nient’altro.
Nelle prossime settimane, i detenuti riceveranno altri due libri, Anche gli angeli mentono di Giacomo Cavalcanti (Guida editore) e Rapido 904, la strage dimenticata di Giuliana Covella (Graus editore).

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