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Acerra: «Siamo un popolo crocifisso che anela a risorgere». Il vescovo monsignor Antonio Di Donna denuncia la mattina di Pasqua in Cattedrale la «distruzione del lavoro nei campi», l’inquinamento dell’aria – sull’inceneritore c’è «un deficit di democrazia»

Acerra «non può fermarsi al Venerdì santo» ma anela a «risorgere» alla vera Pasqua, che si realizzerà «quando tutti parteciperemo allo sviluppo della nostra città, vincendo la rassegnazione e non voltandoci dall’altra parte; quando le forze sane di questa città si metteranno insieme per la rinascita del territorio; quando sarà fatto tutto il possibile per la salute dei cittadini», così mons. Antonio Di Donna ,vescovo di Acerra.

E sarà Pasqua anche «quando le scuole, le biblioteche, i centri musicali e sportivi saranno più numerosi delle sale da gioco in questa città; quando i mafiosi e i mercanti di veleni e di droga si pentiranno; quando i giovani non dovranno più emigrare; quando non moriranno e non si ammaleranno più bambini». Solo allora «sarà Pasqua veramente, e questa terra bellissima».

La mattina di Pasqua in Cattedrale, il vescovo di Acerra esorta i fedeli a non perdere la speranza che «proprio i luoghi che sono stati di sofferenza possono sperimentare la novità della Risurrezione».

E riflette: «Noi siamo una città crocifissa che anela a risorgere». Una «povera e sfortunata città», tuona il presule, «dove ancora oggi si continua a parlare di quarta linea dell’inceneritore», e ci si appella «all’emergenza dei rifiuti che si avrà a settembre con la chiusura dell’impianto». Ma è una «grande bugia», perché «sappiamo tutti che per fare una quarta linea i tempi sono lunghi», afferma il vescovo, lamentando sull’inceneritore un «deficit di democrazia: non c’è controllo e noi non sappiamo niente, tra ipocrisia e silenzi dei palazzi».

Monsignor Antonio Di Donna ricorda ancora una volta «i bambini e i giovani, e non solo loro», che «continuano ad ammalarsi e a morire». «Che peccato!», è il lamento amaro del presule, aver «distrutto il lavoro nei campi che dava da vivere», con il risultato di «un territorio devastato senza più lavoro nei campi e nemmeno nelle fabbriche».

Nella sua omelia durante la Messa nella festa più importante per i cristiani, il vescovo di Acerra denuncia «una politica cittadina senza progetti e senza sogni», e chiede che «le piazze troppo vuote siano ripopolate», per «confrontarsi» su «quale città vogliamo, e quale Acerra desideriamo per i nostri figli», evitando di «rincorrere semplicemente l’emergenza».

Ma, assicura il presule, «anche se non conosciamo i tempi e i modi, un popolo crocifisso risorge sempre», perché la Pasqua è «un evento di morte e risurrezione». E riporta alcune «belle storie di morte e risurrezione» balzate alla cronaca nei giorni scorsi, come i «dodici operai» licenziati nove anni fa che hanno preso un capannone nella zona Asi di Acerra, e pur tra mille difficoltà «sono riusciti a comprare con il loro Tfr l’azienda, che oggi fattura due milioni l’anno», oppure «la donna di Acerra, scienziata credente, che oggi fa parte del gruppo che ha catturato l’immagine del buco nero, a suo tempo incoraggiata da monsignor Antonio Riboldi».

Sono «storie di Pasqua del nostro oggi», dice monsignor Antonio Di Donna, perché la risurrezione di Gesù Cristo è «la più attuale e sconvolgente delle notizie», con la quale si misura continuamente l’autentica fede cristiana e per la quale «tutto cambia», contro l’indifferenza e il cinismo di chi ancora oggi continua a considerarla «roba da matti».

 

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