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ACQUA PUBBLICA E ASTENSIONISMO

Il nuovo terreno di scontro (oltre al caso Verdini) tra la sinistra pd e la segreteria del partito, relativo al referendum del prossimo 17 aprile sulla cosiddétta proroga delle trivellazioni, ripropone la questione del rapporto sempre più algido tra la politica dei partiti e l’attivismo sociale, spontaneo o addirittura mobilitato e poi tradito in molto casi, dai partiti stessi.
Le ragioni del No di fatto esplicitate dal pd rispetto al prossimo quesito referendario del 17 aprile, vengono in realtà sostenute attraverso la posizione strategica ed ufficiale dell’ astensionismo. L’invito del partito democratico, o almeno della sua massima dirigenza, è quella che salpa dal disinteresse ed approda nel porto spesso sicuro del non voto. Posizione chiarita con quell’ aggettivo “inutile”, che qualifica in maniera inequivocabile il parere rispetto al merito, e che dunque giustificherebbe la conseguente astensione.
Negli stessi giorni, due emendamenti a firma pd cancellano di fatto il senso dell’esito del referendum sull’acqua pubblica, sopprimendo quell’articolo 6 del ddl di iniziativa popolare del 2007 che rappresenta il cuore della questione. L’articolo 6 infatti prevede che “Tutte le forme di gestione del servizio idrico … sono trasformate in società a capitale interamente pubblico”. In sostanza, la soppressione di tale articolo apre la strada alla gestione di società anche a capitale misto o privato, andando nella direzione opposta rispetto all’esito del quesito referendario…

Come infatti ricorda il Professor Rodotà in un proprio articolo su La Repubblica, la questione non è relativa solo all’acqua come bene pubblico in sé, ma anche se non in particolar modo alla gestione del servizio ad esso annesso.
Da ultimo, la questione primarie che è ancora sul tavolo nell’attesa dell’esito del nuovo ricorso proposto da Bassolino, pone l’accento su quella democrazia partecipativa troppo spesso mortificata. Se è vero che non si tratta di un’iniziativa popolare, la forma delle primarie come aumento del tasso di intensità di partecipazione a progetti ed appartenenza a dei valori ( condivisibili o meno) rappresenta in ogni caso uno strumento più che utile per un riavvicinamento tra la politica e i cittadini nella delicata e fondamentale fase della scelta dei rappresentanti e dei rispettivi programmi , almeno per chi si riconosce nel partito che fa uso di tale strumento. I fatti riguardanti le primarie in questi anni, non solo le ultime di Napoli, rischiano seriamente di trasformarsi un boomerang.
Queste tre questioni evidenziano quanto il distacco tra cittadini e partiti sia molto spesso alimentato dalla politica stessa, non solo attraverso comportamenti palesemente contrari al senso comune, e in svariati casi anche alla legge, oppure ad una generale inadeguatezza amministrativa, ma anche tramite calcoli e posizioni che insinuano nel cittadino dei dubbi più che fondati su quale sia la considerazione della propria opinione liberamente e pubblicamente espressa attraverso il voto, da parte delle istituzioni.
L’astensione nel nostro Paese galoppa. Stabilmente ormai intorno al 40%, in alcune tornate elettorali ha raggiunto punte del settanta. Un dato questo, che dovrebbe preoccupare tutte le forze politiche , prescindendo dall’esito della singola votazione. Tuttavia se si ignora l’esito di iniziative popolari ricche e partecipate, non si comprende quale risposta possa essere data al cittadino che banalmente, ma non meno comprensibilmente si chiede: “ Perché votare se poi fanno come gli pare?”.
Riprendendo ancora l’articolo del Professor Rodotà, se si vuole guardare ad un ritrovato rapporto tra cittadini ed istituzioni, bisogna puntare su una “democrazia della fiducia”. Una forma che passa proprio attraverso una “democrazia di appropriazione” imperniata su un ruolo attivo vivo e propositivo dei cittadini almeno su temi fondamentali, nella creazione di una collaborazione e di una considerazione da parte delle istituzioni.
L’idea che il voto di milioni di cittadini venga considerato superfluo, o che la volontà espressa da ventisei milioni di persone come nel caso del referendum sull’acqua pubblica, possa essere cancellato con un tratto di penna, non sembra andare in questa direzione.

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