Officina delle idee

Alessandra Martino: “Dalla finestra di casa mia si vedono ancora benissimo le cose che voglio fare”

Un giorno, ci troveremo a raccontare una storia iniziata col sole di un nuovo anno e il cuore pieno di speranza. Una storia che a un certo punto, come nei migliori film, si è incasinata fino a diventare surreale, e poi è tornata più bella e autentica di prima. La storia del ritorno all’essenziale. Nell’ultima settimana tutto quello che conoscevamo come mondo e quotidianità è cambiato alla velocità della luce. Come un big bang al contrario. Un Universo che implode per tornare a farsi puntolino, un lombrico che si guarda l’ombelico. Fino a quando le brutte notizie arrivavano da lontano, centinaia di migliaia di km, l’orecchio e la mente sono rimasti in letargo. Poi l’ombra minacciosa di queste nubi ha cominciato a correre sempre più velocemente verso l’orticello di ciascuno di noi. E immancabilmente abbiamo trovato “rifugio” in quella che, spesso sottovalutiamo.  La nostra casa.  Insieme ad essa ad aspettarci questa volta però c’era il tempo. Quanto tempo.

In isolamento, ti svegli con questa montagna di ore in tasca, sembra pesantissima, poi si dissolve in fretta. Due passi a destra, una brutta notizia di là, apri il frigo, chiudi lo riapri, così con i pensieri, i sogni del dopo e che rimandi perché prematuri, meglio lasciarli sull’albero. Ed è sera, scuoti la testa, dov’è finito il tempo? L’unica attività in cui riesco a fermarmi e dove un’ora occupa davvero un’ora, non è un’attività ma un luogo e nemmeno un luogo vero e proprio: sta dentro o forse dietro, o meglio, stava, è nella mia testa.

“Mi sto conoscendo meglio in questo periodo, ho rallentato la corsa e ripreso, come i bambini a fare piccoli passi verso le cose importanti. Non sono “difettosa” come credevo, ho trovato dentro me fastidi che davo per scontato, idee di luce fioca, amori incastrati male, convinzioni di superficie e ferite trascurate perchè non reputate mortali. Ma ho capito che se non curi anche i piccoli tagli che porti dentro allora le ferite diventano ferite immortali e una piccola qui, una piccola accanto, una piccola poco più in là, fanno di te una donna sbranata dalla vita e senza accorgertene ti trovi a vagare nel mondo coperto di sangue che credi di non perdere.  Ho capito che dentro casa c’è un tempo visibile e un tempo invisibile percepibile solo ad occhi chiusi, che nel lavare i piatti si nasconde la meditazione, che spazzare per terra aiuta a rispolverare ricordi di un’infanzia, un’adolescenza data perduta.  Ordinare la camera combacia ormai con l’ordine dei pensieri;  se stendo le lenzuola al vento stendo anche i muscoli che da sempre ho mantenuto tesi. Sul terrazzo c’è il silenzio totale ma se capita di stendermi al sole mi vengono sempre idee buone per il futuro. Le piante del giardino dovevano essere potate da anni, ora che l’ho fatto ho tolto di dosso molte persone secche che non avrebbero mai dato frutto alla mia vita. Mi sto conoscendo meglio in questo periodo, ho capito che io e la casa non siamo poi così diversi. Lei ha tante crepe quanto io ferite e se pulisco le sue finestre sono io a vederci più chiaro. 

Non posso promettermi e prometterti  la felicità eterna perchè penso che a volte ci farà bene un po’ di malinconia servirà a dar consistenza al tramonto e farci tornare saldi a terra, umili.  Tanto meno, che sarà semplice perchè purtroppo non ci è concesso saperlo. Ne’ posso prometterti che ne usciremo illesi. Mi piacerebbe avere la possibilità di far accadere il meglio ma ho gli stessi limiti che hai tu.  Sono un insieme di stati d’animo e ossa: ti dico ossa perchè i muscoli qualche volta fatico a sentirli ma so che le ossa reggono tutto. Sono proprio come te. Abbiamo paura più spesso del previsto anche se la soffochiamo per non farci vedere vulnerabili. Vedi, se la mia fragilità si unisse alla tua, saremmo meno fragili. Se tutte le persone come noi si unissero , saremmo un unico cordone di persone che spera di riuscire.  E la speranza non fa molto ma aiuta.  Fa sentire meno soli, meno impotenti di fronte a tutto questo. Spera insieme a me. Possiamo farcela. 

Così, quando  la tempesta là fuori sarà finita, avremo lasciato per strada tutto il superfluo quotidiano di cui ci siamo vestiti fino al mese scorso. Ci abbracceremo nudi nella nostra fragilità, portando nelle tasche del cuore solo lo stupore grato per un nuovo giorno che ci illumina il viso, il sorriso di un nipote appena sveglio, la carezza dell’uomo che si prende cura della sua famiglia con coraggio. Se però tutto dovesse tornare come prima allora aspettatevi che tutto ritornerà come adesso.

 

 

 

 

 

 

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