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Angelo Vassallo: la solitudine di un amministratore giusto

Quattro anni senza movente e senza colpevole. È il tempo passato da quella tragica notte tra il 4 e 5 settembre del 2010, quando Angelo Vassallo fu barbaramente ucciso nella sua terra, nella sua Pollica. Un omicidio che non ha fatto escludere alcuno scenario agli inquirenti ma che non ha portato, ad oggi, alcun risultato concreto nelle indagini.

«Desidero unirmi a tutti i presenti nel ricordo di Angelo Vassallo, Sindaco di Pollica, in occasione del convegno organizzato dalla Fondazione a lui dedicata per l’anniversario della sua barbara uccisione». Ha detto la Presidente della Camera Laura Boldrini, in un messaggio indirizzato a Dario Vassallo e alla fondazione che porta il nome del fratello.

«Sono passati quattro anni – ha continuato la Presidente Boldrini nel suo messaggio – da quel tragico 5 settembre in cui l’amministratore pubblico, noto per la sua integrità morale e per la sua attenzione e sensibilità ai temi della legalità e dell’ambiente, cadde per mano della criminalità. Ed è passato un anno da quando ebbi l’opportunità di commemorarlo insieme a voi, in una manifestazione pubblica della cui intensità conservo ancora un vivo ricordo».

Il Sud, il Cilento, sono luoghi simbolo in cui chi occupa ruoli di rilievo pubblico è troppo spesso lasciato solo. Anche la Boldrini ritorna su questo tema: «L’omicidio di Angelo Vassallo fotografa una realtà: quella dei tanti amministratori locali che ogni giorno si trovano a combattere, spesso da soli, contro un sistema che talvolta è di diffusa illegalità e violenza, e che però, nonostante le difficoltà, credono ancora nel rinnovamento e nella rinascita delle comunità da essi amministrate. Ritengo pertanto fondamentale che le Istituzioni non facciano mai mancare il necessario sostegno alle azioni di “buona politica” portate avanti da coloro che, come il “sindaco pescatore”, hanno a cuore il benessere della collettività e la tutela del territorio».

Quante volte abbiamo ascoltato o letto di quell’unica persona lasciata sola a combattere nell’indifferenza generale? Memorabili quegli occhi, quella voce e quelle parole di Antonino Caponnetto: “È finito tutto”, disse al giornalista che gli chiedeva se c’era speranza per la città dopo la strage di via D’Amelio. Da allora quante stagioni di partecipazione popolare si sono alternate? Troppe e spesso inconsistenti, che finivano presto. Occorre un moto delle coscienze affinché chi combatte per le cose giuste nel terreno della legalità non venga mai più lasciato solo.

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