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ANNA FINOCCHIARO (PD): “SULL’IMMIGRAZIONE RITROVARE LO SPIRITO EUROPEO”

di Anna Finocchiaro, senatrice PD

È assolutamente necessario ritrovare lo spirito e l’anima europei. Che purtroppo non sono più riconoscibili oggi da chi guarda la quantità di recinti, fili spinati e muri che dividono gli Stati europei, membri dell’Unione europea, e da chi guarda i campi profughi al confine con la Macedonia.
Per quello che riguarda la questione immigrazione due sono i temi: l’accordo con la Turchia e la soluzione che così si dà al flusso migratorio che proviene da quella parte del mondo, e il problema migratorio nel suo complesso.
L’una, quella del flusso migratorio, è contingente e frutto anche degli errori dell’Europa; l’altra è certamente di più ampio respiro e di maggiore complessità storica. Partiamo da un’affermazione semplice: oggi dobbiamo fare l’accordo con l’Europa perché si sono chiuse le rotte balcaniche e le frontiere dei Paesi europei, e perché l’Europa non è più l’Europa di Schengen, altrimenti non avremmo il bisogno di ricorrere alla Turchia. Che è un Paese che non garantisce quelle condizioni di sicurezza necessarie per affrontare questo impegno.
Questo significa che ciò che dobbiamo chiedere al tavolo del Consiglio europeo è che la Turchia garantisca quelle condizioni. Questo mi pare il senso dell’intervento del Presidente del Consiglio, quando afferma che non faremo l’accordo a tutti i costi e non permetteremo che questo accordo cancelli e calpesti i valori e i principi dell’Europa.
C’è poi un tema di fondo che riguarda la grande questione africana che va affrontata a partire dall’analisi delle condizioni di quei Paesi, degli interessi economici europei in quei Paesi, per capire quanto in termini di ricchezza vi portino e quanto cannibalizzino le risorse. Qualcuno crede davvero che il fenomeno migratorio si possa fermare con il filo spinato? Per questo trovo corretto il modo in cui, in questi mesi, il nostro governo ha impostato in Europa la questione immigrazione: non stanno cambiando i tempi, sta cambiando un’epoca e il nostro continente deve essere all’altezza del suo nome.

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