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Arrestati 12 capi ultrà della Juve, mantenevano il controllo militare della curva bianconera: ricattavano la società per avere biglietti e gestire bagarinaggio

Arrestati i capi ultrà della curva della Juve in un’indagine della Digos di Torino. Questa mattina all’alba è scattata l’operazione “Last banner”, risultato di una lunga indagine nel gruppo criminalità organizzata della procura torinese, che ha fatto finire in manette una dozzina tra i capi dei Drughi, dei Tradizione, dei “Viking” e del “Nucleo 1985”: l’accusa è che ci fosse un accordo tra gli ultrà per mantenere il “controllo militare” della curva bianconera.
Secondo la pm Chiara Maina e il procuratore aggiunto Patrizia Caputo, che hanno coordinato le indagini della digos, i capi di questi gruppi avevano costituito un’associazione a delinquere che ricattava esponenti della Juventus per cercare di continuare ad avere biglietti agevolati per le partite all’Allianz Stadium e gestire così il bagarinaggio.
Tra gli arrestati il capo assoluto dei Drughi, Dino Mocciola, già finito in carcere all’inizio degli anni Novanta per aver ucciso durante una rapina un carabiniere e considerato uno dei responsabili delle infiltrazioni della ‘ndrangheta in curva, il suo braccio destro Salvatore Cava, il leader dei Tradizione Umberto Toia. In manette anche un altro volto storico del tifo, Beppe Franzo, presidente dell’associazione “Quelli di via Filadelfia”. Altre 8 persone sono state arrestate: per tutti le accuse sono a vario titolo di associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata.

Da stamattina però sono in corso altre 39 perquisizioni in giro per l’Italia, coordinate dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione e con la collaborazione delle Digos di Alessandria, Asti, Como, Savona, Milano, Genova, Pescara, La Spezia, L’Aquila, Firenze, Mantova, Monza, Bergamo e Biella.
L’inchiesta è partita ufficialmente circa un anno fa quando la Juventus ha denunciato il ricatto cui era sottoposta dai suoi ultrà. Era la fine del campionato 2017/2018 e la società aveva interrotto alcuni privilegi concessi ai gruppi ultrà scatenando la reazione delle tifoserie  che hanno cercato di ripristinare la loro posizione di forza nei confronti della Juventus. L’indagine  non è selgata da un’altra operazione, condotta dalla squadra mobile di Torino, che aveva scoperto le infiltrazioni mafiose della ‘ndrangheta in curva.
Gli uomini della Digos, guidati dal dirigente Carlo Ambra, hanno seguito i capi ultrà per mesi captando i continui tentativi di estorsione cui leader dei principali gruppi della tifoseria organizzata più estrema sottoponevano la Juve. Dopo anni di pace, infatti, il rapporto tra la società e il tifo organizzato si è incrinato quando per gli ultrà avere biglietti omaggio o, comunque, in numero superiore a quello consentito, è diventato più complicato. Tutto questo ha scatenato la reazione, anche violenta e minacciosa, degli ultrà: “Se non ci date i biglietti vi facciamo squalificare lo stadio con i cori razzisti” il ricatto più evidente che è andato avanti durante tutta la scorsa stagione.
L’inchiesta ha scoperchiato anche la rete di biglietterie compiacenti in giro per l’Italia che consentiva ai Drughi di recuperare in modo illecito centinaia di biglietti da rivendere poi a prezzi maggiorati. Gli investigatori hanno filmato decine di distribuzioni illecite di biglietti e individuato almeno otto ricevitorie compiacenti tra Torino, Alessandria e Roma.

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