Sport

Bassolino, «Lo sport è un fatto sociale e culturale»

Beppe Savoldi presenta il suo libro ‘MISTER MILIARDO – Lo Ziballone’, una raccolta di aneddoti che riguardano vicende sportive e di spogliatoio ma anche esperienze di vita di un calciatore dalla dimensione umana. A presiedere, primo fra tutti, Antonio Bassolino che, testimone della stessa umanità, introduce una riflessione di politico e appassionato di sport, alla luce degli ultimi avvenimenti e nella peculiare sensibilità della sua acuta visione della realtà, lanciando un input per una rinascita dentro e fuori dallo sport.

Presidente, che rapporto esiste tra calcio e società, in particolare nella città di Napoli?

«Lo sport è un fatto sociale e culturale, soprattutto a Napoli. E noi, con la Fondazione SUDD, ci occupiamo di questioni sociali e culturali. Pochi giorni fa abbiamo fatto una riflessione sui fatti di Roma, su quello che è successo fuori dallo stadio. È stato fatto un errore: si è messo in secondo piano la gravità di quello che è successo ad un ragazzo. Successivamente gran parte della stampa nazionale ha scoperto che c’è una donna che ha dato una lezione di dignità e civiltà, una donna napoletana, e preciso di Scampia».

Dunque bisogna difendere la dignità di Napoli e dei napoletani.

«Cito Savoldi – nel suo libro viene raccontato un aneddoto i cui protagonisti sono lo stesso Beppe e Antonio Juliano – Savoldi dice: «Totò tu non sei napoletano, sei preciso, puntuale, somigli più a un bolognese». È chiaro che il libro va inteso in chiave ironica ma io dico che ci sono tanti napoletani precisi e puntuali, e che somigliano ai napoletani. Sottolineo questo perché dobbiamo difendere le grandi qualità che abbiamo, in ogni ambito».

Questo significa che dobbiamo imparare a valorizzare di più noi stessi?

«Prendo di nuovo spunto da Savoldi; lui è un uomo che si è fatto da solo. Ci tengo a precisare perché qui in Italia sembra che non si possa mai far niente senza che qualcuno ti metta una mano sulla spalla. Questa convinzione e questo atteggiamento sono sbagliati. Non dobbiamo cercare attenuanti, possiamo crearci da soli perché ne abbiamo la capacità».

Da italiano, Le chiedo un ultimo commento sulla nazionale.

«A parte la tecnica, ci sono ovviamente condizioni fisiche e spirito d’ identità. Cosa non ha funzionato nella nazionale? C’ erano squadre in cui i giocatori correvano come pazzi, ovvero come calciatori. Le altre squadre muoiono sul campo perché sentono di rappresentare la nazione. I nostri non avevano spirito di patria. Dobbiamo impegnarci per ritrovare questo spirito, soprattutto tra i ragazzi, dentro e fuori dal campo».

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