Approfondimenti

CENTO ANNI TRA FALCE E MARTELLO.IL FALLIMENTO DEL COMUNISMO.L’OPINIONE DI P.GIUSEPPE COMPARELLI.

 

La rivoluzione d’ottobre conta cento anni ma non li racconterà, stando a quello che finora (non) si è detto e scritto. Neanche Putin pare inserire nei programmi la celebrazione di una formula storicamente fallita.
Del resto è ancora vicina la data della liberazione da quella lunga tirannia e manca il coraggio e la retorica di queste circostanze per elencare traguardi mancati e crimini ben programmati e prolungati. Se poi si pensa al fatto che quella formula ancora vivacchia a Cuba e nella Corea del nord, nazioni in schiavitù, e che in Cina si è fatta curare col capitalismo, si comprende il diffuso imbarazzo per chi volesse inventare bilanci di successo. Parlavamo di fallimento storico, ma tempo prima c’era stato lo smascheramento teorico- scientifico del marxismo. In Italia il coraggio di dirlo lo ebbe il compagno Lucio Colletti con un saggio che scardinava quella pretesa sulla scorta di K. Popper e di altri studiosi.
Un Venerdì di Repubblica ( 30 giugno ) col titolo Contrordine compagni ha tentato qualche divagazione sul tema: un centenario “snobbato, rimosso …con sospetto o fastidio”. Fa bene allora Putin a deviare sul patriottico se ciò che fu sovietico potrebbe insidiare quel ritorno alla grande Russia che la rivoluzione tentò di cancellare trucidando persone e simboli. Cosa celebrare, il comunismo? perché di questo si tratta. In questo caso la ricorrenza andrebbe onorata anche negli stati che l’hanno adottato, meglio dire imposto, alle rispettive nazioni. Ne verrebbe fuori una ricostruzione raccapricciante fatta di gulag, foibe, deportazioni, invasioni che S. Courtois ed altri autori hanno un po’ riassunto nel Libro nero del comunismo. Crimini, terrore, repressione, (1997 ) con la cifra, allora provvisoria per difetto, di oltre cento milioni di morti, confrontati, con comprensibile ritrosia, dagli autori, con i venticinque milioni dei nazisti. Qui si potrebbe ricordare l’eroica resistenza dei russi all’invasione tedesca e il contributo alla vittoria su cui, poi, si è lucrato per tutto il periodo della guerra fredda assegnando alle armi un primato forsennato con denaro sottratto al popolo che non aveva diritto di parola.
Tutte le ricorrenze con annesse celebrazioni vengono preparate dall’informazione, cosa sempre negata su questo argomento. Documentari, ricostruzioni storiche sui siti relativi dei canali informativi ci hanno detto, e ci ripetono, tutto su Hitler, Mussolini e loro delitti, le loro malattie le loro donne, fino alle varie versioni sulla loro morte, ma mai siamo stati informati sulla vera causa e data esatta della morte di Stalin, sul numero e sul movente dei suoi delitti, sulle voci connesse alla sua follia sanguinaria, la tragedia ucraina, sugli italiani spariti in Russia ecc. Denunzie già pronunziate da Kruscev al XX Congresso del partito e ascoltate sul posto da Togliatti che in Italia, sugli stessi argomenti, non riusciva a rispondere ai giornalisti. Un velo di devoto silenzio ha sempre coperto la civiltà comunista, dalla Siberia al nostro Triangolo rosso. Un esempio fresco: mentre scorrono questi righi in Venezuela si muore letteralmente di fame (e di violenza) ma i nostri giornali non ne parlano perché il governo è comunista. Solo L’Osservatore Romano informa su queste drammatiche giornate. Quello che prima suggeriva il terrore oggi è conformità al rispetto di una vulgata che ancora è un tabù. Un residuo mentale di quella concezione della cultura e della società come situazione carceraria nemica della libertà. Il compagno ideale comunista era ( è ancora da qualche parte ) il contenuto di quella divisa militare allineata in migliaia di copie in quelle immense piazze, tutte informate di un nemico virtuale, l’occidente, e di uno reale, la libertà. La nazione -caserma doveva avere un solo pensiero, quello del capo, il cui ritratto giganteggiava su tutto. Era un rituale autocelebrativo basato su un dogma: questo è il vostro paradiso. Ma era troppo terrestre, nessuno voleva finirci, tutti volevano fuggirne senza riuscirci. Allora in mancanza di oppio religioso il compagno Ivan Ivanov beveva vodka per non pensarci, e il governo ci guadagnava.
Questa è stata la rivoluzione, una falce livellatrice che ha lavorato per decenni, finita a martello sul muro di Berlino in quella storica serata con avidi colpi di libertà. Un effetto domino raggiunse gli altri stati- caserma e li condusse al progresso. In che modo tutto questo andrebbe celebrato? Quale passo avanti nella storia e quanti indietro? Inutile farsi domande: un evento che fa piangere alla sua nascita e fa esultare alla sua morte ha qualcosa di innaturale, di disumano.

Padre Giuseppe Comparelli

 

Potrebbe piacerti...