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COME INSEGNA MASTELLA L’ANALISI DEL VOTO DIVENTA SOCIAL!

Con il disfacimento degli organismi di partito, verso forme di partecipazione politica più “liquida”, se ne va anche una vecchia ma utile pratica di partito che era l’analisi del voto. Oggi l’analisi del voto diventa social, ma in questo nuovo meccanismo di partecipazione manca lo sforzo di sintesi e di nuova proposta politica, in cui forgiare una classe dirigente capace di fare tesoro delle sconfitte ed elaborare nuove proposte.
A Benevento vince Mastella, dato per morto qualche anno fa da alcuni dirigenti di sinistra. Tra essi vi era Gennaro Migliore, il quale, nel 2008, legittimava alleanze variopinte, sicuro che il timone fosse ormai saldamente in mano ad una nuova classe dirigente social-democratica, pronta a raccogliere il lascito di voti mastelliani in fuga.
Invece, se ripercorriamo l’ultima storia politica della città possiamo notare che a Benevento vive una straordinariapermanenza nel voto. Benevento epurò la diccì di Pietrantonio votando la falange fascista viespoliana (quasi unica opposizione in città allora), che ha governato per tredici anni. Per batterla si dovette coagulare una coalizione intorno ad un consigliere mastelliano, allora semi-sconosciuto (ricordo che aveva un sito personale con un fotomontaggio che lo ritraeva abbracciato a Clinton). Poi, per dare una spallata al decennale potere, incancrenitosi nel governo Pepe della città, si è fatto ricorso al più mastelliano dei mastelliani, lui stesso.
La sinistra, così come le migliori espressioni del socialismo e della social-democrazia, o sono state comprimarie o si sono rivelate minoritarie, talvolta subalterne. L’onda pentastellata che attraversa l’Italia rifluisce, quindi, alle pendici della dormiente, in un’onda restauro-innovatrice. I pentastellati non nascono dai cavoli, hanno una propria storia di voti e preferenze, e qui non siamo a Livorno, nè a Torino, nè a Parma; ne risulta così che il voto di protesta che dalle politiche del 2013 attribuisce al movimento 5 stelle dai seimila ai novemila voti in città, nel ballottaggio tra Mastella e Del Vecchio, confluisce parzialmente sul primo,
in uno straordinario paradosso.
Se a Napoli la voglia di cambiamento è incarnata da un “zapatismo in salsa partenopea”, qui, è l’onda Mastella-Pepe (Mario) che raccoglie la Vaffa-revolution. Se non fosse passata a miglior vita potremmo persino aspettarci un futuro seggio sicuro per la Falcucci.
Che fare? (E’ così che partivano le straordinarie analisi del voto nelle sedi comuniste) Il voto beneventano lascia anche in eredità un nuovo impegno di giovani generazioni che con tutto questo hanno poco a che fare, ma a cui mancano i luoghi e le forme per strutturarsi come classe dirigente. Non una generazione di ex, memori della guerra fredda, ma una generazione che guarda al fiscal compact, al
TTIP, allo straordinario esodo di migranti, ai rapporti di cooperazione euro-mediterranei, alle questioni energetiche, ai problemi del consumo di suolo, del dissesto idrogeologico e della competitività delle aree interne e del sistema paese. Una generazione che chiede lavoro, qualità della vita e diritti civili.
Questi giovani possono diventare protagonisti solo se capiscono la necessità di creare nuove identità collettive, basate sui programmi, che possano archiviare il presente notabilato che ricorda tanto le èlites post-risorgimentali.

 

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