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Consip: Renzi e la telefonata al padre. Ex premier: “Pubblicazione vergognosa.Una telefonata che conferma la mia serietà”. Violazione di segreto istruttorio, la Procura ha aperto un fascicolo.

L’intervista di Mazzei a Repubblica. In quella telefonata, intercettata dai pm, l’ex premier incalza il babbo: dopo aver letto su Repubblica l’intervista ad Alfredo Mazzei (nella quale si parlava della cena a tre tra Tiziano Renzi, Alfredo Romeo e Carlo Russo, la “cena nella bettola”) decide di chiamarlo: “Devi dire tutta la verità ai magistrati, non puoi dire che non conosci Mazzei perché è l’unico che conosco anche io”. L’ex premier appare molto preoccupato dall’interrogatorio al quale il padre sarà sottoposto e gli intima: “Devi ricordarti tutti i nomi e tutti i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorie”.«Il 2 marzo 2017 alle 9.45 di mattina Tiziano Renzi parla al telefono con il figlio Matteo. I magistrati lo stanno intercettando nell’ambito dell’inchiesta Consip nella quale il padre dell’ex premier è in quel momento indagato per traffico di influenze con il “facilitatore” e amico carlo Russo». Inizia così il brano del libro del giornalista Marco Lillo — «Di padre in figlio» — riportato oggi dal «Fatto quotidiano», nel quale viene riferito il contenuto di una telefonata che sarebbe avvenuta tra l’allora ex presidente del Consiglio e segretario uscente del Partito democratico e suo padre.

Una telefonata che — scrive l’ex presidente del Consiglio su Facebook — «conferma la mia serietà». L’ex premier ha poi scritto, su Facebook, la sua difesa: nota come intercettazioni di poche settimane fa siano «già in un libro», e spiega come «nel merito» le sue parole «ribadiscano la mia serietà visto che quando scoppia lo scandalo Consip chiamo mio padre per dirgli: “Babbo, questo non è un gioco, devi dire la verità, solo la verità”». «Mio padre», continua Renzi, «non ha mai visto un tribunale fintantoché suo figlio è diventato premier. […] Non è abituato a questa pressione che deriva dal suo cognome più che dai suoi comportamenti». Renzi dice anche che, «politicamente parlando», le intercettazioni pubblicate «mi fanno un regalo. La pubblicazione è come sempre illegittima ed è l’ennesima dimostrazione di rapporti particolari tra alcune procure e alcune redazioni. Ma non ho alcun titolo per lamentarmi: non sono il primo a passare da questa gogna mediatica. Anzi: ad altri è andata peggio. Qualcuno si è tolto la vita per le intercettazioni, qualcuno ci ha rimesso il lavoro». Dal punto di vista umano, però, scrive l’ex premier, le intercettazioni «mi feriscono perché in quella telefonata sono molto duro con mio padre. E rileggendole mi dispiace, da figlio, da uomo. Da uomo delle istituzioni, però, non potevo fare diversamente».

Il ministro della giustizia Andrea Orlando, tramite l’ispettorato generale, ha avviato accertamenti preliminari presso gli uffici interessati in relazione all’avvenuta pubblicazione del contenuto delle intercettazioni, relative al dialogo tra Matteo Renzi e suo padre, disposte nel corso delle indagini Consip.

“Sono 20 anni che c’è il malcostume di pubblicare le intercettazioni anche irrilevanti, è vergognoso ma io lascio al codice deontologico dei giornalisti, sono sostenitore del lavoro dei giornalisti ma io non chiedo alcunchè”, ha detto Matteo Renzi durante la diretta fb. “Qualcuno viola la legge e non siamo noi”, ha aggiunto.

E sulla trascrizione delle intercettazioni apparse su «Il Fatto Quotidiano» la procura di Roma ha aperto un fascicolo per violazione del segreto istruttorio e per pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale.

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