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Cose note e meno note sui cinesi in Campania e nel napoletano

di Salvatore Strozza

Poco rilevante fino agli anni Novanta, già dieci anni fa la presenza cinese in Campania era diventata abbastanza consistente (quasi 4mila persone, poco meno del 6% degli stranieri residenti nella regione) e si concentrava in due aree ben precise del territorio regionale: il capoluogo partenopeo e i comuni vesuviani interni. Contrariamente a quanto si possa immaginare, la metropoli napoletana non è stata per questa comunità immigrata il principale polo di attrazione della regione. Infatti, nel 2003 c’erano più cinesi residenti a Terzigno (quasi 800 persone) che a Napoli (poco più di 500). E in quell’area interna, vicina al confine con le province di Avellino e di Salerno, costituita dall’insieme dei comuni contigui di Terzigno, San Giuseppe Vesuviano, Poggiomarino, Boscoreale, Palma Campania e San Gennaro Vesuviano, si era insediato all’epoca quasi il quadruplo dei cinesi che avevano posto a Napoli la loro residenza.

Negli ultimi dieci anni il collettivo delle persone di cittadinanza cinese residenti in Campania è più che raddoppiato, con un incremento che è stato però inferiore a quello registrato per il totale della popolazione straniera (più che triplicata). Oggi gli abitanti originari del paese asiatico rappresentano giusto il 5% degli stranieri insediatisi stabilmente nella regione e meno del 4% di tutti i cinesi residenti nella nostra Penisola. All’inizio di quest’anno i cinesi presenti in modo regolare in Campania, compresi i minori al seguito, sono poco meno di 12mila (il 7,6% dei non comunitari), in larga maggioranza con un permesso rilasciato dalla Questura di Napoli. La provincia partenopea continua ad accogliere poco meno dell’80% di quelli stabilitisi nella regione, differente è stata però la dinamica osservata nei due principali poli campani di attrazione: i cinesi dei comuni vesuviani interni hanno registrato una crescita abbastanza contenuta (circa il 60% di presenze in più nell’arco di un decennio) e costituiscono oggi un terzo della presenza regionale, quelli che hanno scelto la metropoli partenopea sono invece aumentati di ben cinque volte ed hanno raggiunto l’importanza numerica dei loro concittadini stabilitisi nell’altro polo regionale.

Rispetto ad altre comunità immigrate quella cinese ha una composizione di genere abbastanza equilibrata con una contenuta prevalenza maschile: gli uomini sono il 51% tra i residenti e poco più del 52% tra i presenti in modo regolare. Tra questi ultimi l’età media è di circa 29 anni, più o meno la stessa per uomini e donne. Nello specifico, sono circa un terzo sia i maggiorenni con meno di 35 anni che le persone di 35-49 anni. Gli ultracinquantenni sono davvero pochi (il 7%), mentre i minori rappresentano più di un quarto del collettivo. Segnale della presenza significativa di interi nuclei familiari, oltre che del frequente carattere familiare di tale immigrazione. Il peso degli arrivi recenti (negli ultimi cinque anni) fa sì che solo un cinese regolare su quattro ha in tasca un permesso di soggiorno a tempo indeterminato, vedremo però come sia in atto un processo di radicamento sul territorio.

Le informazioni raccolte in alcune indagini campionarie sugli stranieri maggiorenni presenti nella provincia di Napoli (2008) e nell’intera regione (2013) – quest’ultima nell’ambito del progetto YALLA Servizio Regionale di Mediazione Culturale – consentono di fare alcuni approfondimenti. Gli adulti cinesi che vivono in Campania sono presenti in media da poco meno di 8 anni e in quattro casi su cinque si sono insediati nella regione da subito o nello stesso anno di arrivo in Italia. I primo-migranti sono solo un terzo, difatti è più frequente che tra le altre nazionalità la presenza di parenti stretti (genitori, fratelli o partner) arrivati in precedenza. Quasi tutti gli intervistati non intendono trasferirsi nei prossimi 12 mesi e uno su due è certo di voler rimanere in Campania per almeno altri cinque anni. Due su tre sono coniugati e tre su cinque hanno figli, che nella metà dei casi hanno avuto in Italia. Il 60% vive con il coniuge e i figli o solo con il coniuge, ma un ulteriore 20% con altri parenti. Il carattere familiare di questa immigrazione è confermato anche dal numero di componenti il nucleo convivente (in media 3,3 persone), significativamente più elevato di quello degli altri gruppi immigrati, con la sola eccezione degli albanesi e degli srilankesi, comunità di più antico insediamento. Proprio per quanto appena sottolineato, la quota di inattivi appare tra gli adulti cinesi maggiore (comunque solo il 15%) che tra le altre nazionalità straniere. La proporzione di occupati (oltre l’80%) è però tra le più elevate per il bassissimo tasso di disoccupazione. Nel 40% dei casi si tratta di lavoratori autonomi, il cui peso risulta maggiore solo tra i Senegalesi. In base alle dichiarazioni fornite risulterebbero davvero rari i casi di impieghi irregolari, con una quota (meno del 6%) notevolmente inferiore rispetto all’insieme degli altri immigrati (circa il 40%). Si tratta per lo più di addetti al commercio (65%), anche se non trascurabili sono gli operai generici (14%) e gli occupati nel settore della ristorazione (13%). Il guadagno mensile dichiarato (in media oltre 1.300 euro) risulta sensibilmente maggiore rispetto a quello delle altre nazionalità straniere, mentre il numero medio di ore lavorate a settimana è più o meno in linea con quello degli altri immigrati. Giustificata appare pertanto la soddisfazione per l’attività lavorativa svolta che è maggiore di quella dalle altre comunità immigrate.

Al notevole vantaggio in campo economico, che i cinesi ricavano dall’elevata imprenditorialità e iniziativa individuale, coniugata con la fitta rete di relazioni interne alla comunità (economia etnica), fa da contrappeso la loro minore apertura verso la società di accoglimento. Non del tutto scontati possono essere però alcuni cambiamenti in atto. Cinque anni fa sembravano evidenti le maggiori possibilità di radicamento dei cinesi stabilitisi nei comuni interni della regione vesuviana rispetto a quelli che avevano scelto la metropoli partenopea. Infatti, più frequente era la presenza di interi nuclei familiari e leggermente migliori le condizioni abitative, anche se Napoli sembrava garantire maggiori occasioni di impiego stabile e regolare. In entrambi i contesti territoriali era però confermata la loro minore integrazione culturale e sociale rispetto alle altre comunità immigrate. Oggi i cinesi che vivono a Napoli, arrivati da meno tempo, sono in media più giovani e maggiormente istruiti rispetto a quelli insediatisi nei comuni vesuviani e nelle altre aree della regione. Continuano ad essere ampiamente avvantaggiati nell’integrazione economica, come avviene anche nel resto della regione, ma non risultano più svantaggiati rispetto ad altre nazionalità nell’integrazione sociale, anche a parità di caratteristiche socio-demografiche e migratorie. Novità di non poco conto meritevoli di essere ulteriormente verificate e approfondite.

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