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Costi e burocrazia: limiti superabili del programma Erasmus

Lavorano di più rispetto ai coetanei che non hanno mai messo piede fuori dal proprio Paese, il 33% di loro ha una relazione stabile con un partner di altra nazionalità e dal 1987 a oggi sono circa un milione i bambini nati da coppie Erasmus. Sono i dati diffusi dall’Erasmus Impact Study realizzato dalla Commissione Europea per valutare gli effetti del programma Erasmus sull’occupazione  e la mobilità internazionale dei giovani europei. Quelli italiani che hanno partecipato al programma, secondo gli ultimi dati disponibili relativi all’a.a. 2012/2013, sono stati circa 25mila di cui solo 3813 per l’opzione Erasmus Placement, cioè il tirocinio all’estero in azienda. Se infatti l’Italia si colloca al quarto posto in Europa per il volume di borse Erasmus assegnate ai fini di studio, per il Placement si è ancora molto lontani dai risultati di Paesi come Francia, Spagna e Germania. “Presentare la domanda è relativamente facile, non chiedono troppi documenti – spiega Natalì, laureanda dell’Università L’Orientale trasferitasi a Marsiglia per un placement nella locale Camera di Commercio – il problema è che la borsa erogata non è sufficiente a far fronte alle spese. Io prenderò il massimo del contributo previsto, cioè 480euro, perché in Francia il costo della vita è alto, ma con quei soldi non pago neppure l’affitto, e non verranno liquidati subito per cui dovrò anticipare tutto. Non è un’esperienza che si può fare senza avere le spalle coperte dalla famiglia”. Più che la burocrazia quindi, una delle barriere per un utilizzo più intensivo del programma sono i costi a carico dei partecipanti. Abbiamo chiesto a Claudia Peritore, capo Unità Erasmus dell’Agenzia Nazionale ERASMUS+/INDIRE, quali sono gli interventi in atto per migliorare la sostenibilità economica di questa esperienza.

«La borsa dell’Unione Europea è un contributo alle spese da sostenere durante la permanenza all’estero. E’ da ricordare che ogni Istituto solitamente integra le borse cofinanziando con un quota mensile che in Italia è ulteriormente arricchita dal cofinanziamento nazionale destinato alla mobilità internazionale. Certamente quello economico resta l’ostacolo principale alla mobilità, ma l’Agenzia Nazionale, in linea con le indicazioni europee, ha previsto di diversificare l’importo sulla base del Paese di destinazione, in modo da calibrare il contributo economico secondo il costo medio della vita nel Paese ospitante. Inoltre, da quest’anno sono previsti contributi comunitari ad hoc per incentivare la partecipazione degli studenti con condizioni socio-economiche svantaggiate».

Esistono margini di crescita del numero dei partecipanti italiani?

«La partecipazione degli studenti italiani alla mobilità Erasmus è in costante crescita fin dall’inizio del programma. Gli ultimi dati disponibili, riferiti all’a.a. 2012/2013, confermano la tendenza in particolar modo per quanto riguarda la mobilità degli studenti per un periodo di tirocinio presso un’impresa all’estero (+28,2% annuo). Rispetto al numero di iscritti, la media della partecipazione degli studenti italiani è in linea con quella europea, intorno all’1%».

Chi presenta la domanda per la mobilità ai fini di studio lamenta anche difficoltà legate al riconoscimento dei crediti e dei corsi di laurea. Cosa si può fare per rendere l’accesso più semplice?

«Il programma Erasmus+ va sempre più verso una semplificazione e snellimento delle pratiche burocratiche connesse con la mobilità, attraverso un uso esteso di strumenti online. Tuttavia, vale la pena ricordare come i documenti alla base della mobilità degli studenti, quali il Learning Agreement, ossia il piano di studi che verrà seguito nel Paese ospitante, sono essenziali a garanzia per il singolo studente del riconoscimento finale di quanto svolto all’estero, in termini di esami e di crediti acquisiti».

Quindi, in questo caso la burocrazia è una forma di tutela. Nel 2014 è partito Erasmus+ che integra i sette programmi finora esistenti: Lifelong Learning Programme, Gioventù in Azione, Erasmus Mundus, Tempus, Alfa, Edulink e la cooperazione bilaterale con i Paesi industrializzati. Come sta andando?

«Nel primo anno di vita il programma ha già potuto riscontrare successi in termini di rispondenza degli Istituti interessati (per la prima volta saranno concessi finanziamenti non solo a università e istituti di formazione, ma anche a nuovi partenariati innovativi, le cosiddette “alleanze della conoscenza” e “alleanze delle abilità settoriali”, ndr). A breve verrà pubblicato il nuovo Invito a presentare proposte per il 2015, che aprirà alla dimensione internazionale più ampia la mobilità degli studenti e non solo. La campagna di informazione prosegue quindi a vele spiegate».

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