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DA SIVORI AL PIPITA, PASSANDO PER DIEGO

Stadio San Paolo, 5 maggio 1985: Napoli-Juve 0-0, partita d’esordio in serie A di Ciro Ferrara. Io ero sugli spalti, Curva B se non ricordo male.
Oggi Ciro afferma di avere il cuore diviso a metà, avendo militato in tutte e due le squadre; il mio, allora come oggi, ha un solo colore, quello del cielo e del mare.
E Napoli-Juve (o Juve-Napoli) è sempre stata la madre di tutte le battaglie. A cominciare dal derby in famiglia (ahimè, confesso…), poiché noi maschietti (papà e noi cinque figli) ci dividevamo quasi equamente i colori.
Napoli e Juve sono sempre state le due squadre di famiglia (vi chiedo perdono fratelli del Vesuvio…) ma la colpa fu del genitore che, pur tifando prima e dopo per gli azzurri, nel periodo del Napoli in serie B, si era nel frattempo innamorato pazzamente di Omar Sivori, non della Juve, in verità, ma di quello scugnizzo nato a San Nicolás de los Arroyos, Argentina. Ma il cabezon era juventino, allora… ragion per cui, portò il tarlo in casa mia, anzi sua, sigh!

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In verità, anch’io ne ero estasiato e chi non lo era in Italia all’epoca? Specie poi che in Nazionale (quando ancora la Nazionale era patrimonio di tutti gli italiani…) ci andavano pure gli oriundi, come Maschio, Angelillo, Altafini (core ‘ngrato, ma questa è un’altra storia) e appunto anche lui, “vide Omar quant’è bello”.
E a proposito di Sivori… in quell’autunno del 1965 che arrivò alla Stazione della Metropolitana di Mergellina dopo aver firmato il contratto col Calcio Napoli di Lauro presidente e di Pesaola allenatore, chi c’era ad aspettarlo in mezzo a quella folla oceanica in delirio? Io, naturalmente. E naturalmente sulle spalle del mio papà… avevo 8 anni. E chi s’o ppo’ scurdà…
Da quel giorno, anche mio padre ritornò fedele (di cognome e di fatto) tifoso del ciuccio, che per un periodo era stato quasi accantonato a favore dell’odiata zebra. Io, nel frattempo e poi, collezionando le mitiche figurine Panini e le “valide” (figurine particolari che accumulate davano diritto a un premio) vinsi e scelsi tra tanti premi la foto di Sivori in maglia azzurra con tanto di autografo!
Tanto ostentai quella foto portandola sempre con me che… un giorno qualcuno me la fece sparire sottraendomela. E giù i pianti!!!
Mi rifeci con quelle annate straordinarie, spesso allo Stadio, a estasiarmi di fronte ai tunnel del cabezon e le finalizzazioni di Altafini (core ‘ngrato appunto, che non esitò in un amaro scontro al vertice proprio con l’odiata Vecchia Signora a realizzare quel maledetto gol decisivo, lui che proveniva da Napoli che tanto l’amò…).
Quei “derby” familiari (ancora scusa fratelli partenopei…) erano un alternarsi di scherzetti e di sberleffi ma, ahimè, erano tempi duri e il più delle volte dalla Juve le prendevamo e a partire erano solo i fegati azzurri…
Fino a quel magico giorno, quando arrivò Lui, la Luce, il non plus ultra, il Dio del pallone, l’altro scugnizzo argentino, Lui, Diego! La mano, il piede, la testa, il cuore di Dio.

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Da allora, i fegati azzurri tornarono a produrre non solo bile. El Pibe infilò la rete della vittoria dopo anni di sottomissioni, anche psicologiche, con una parabola delle sue su punizione in area che Tacconi sta ancora a chiedersi dove e come fosse passato quel pallone.
Addì 3 novembre 1985.
– Maradona parlotta con Pecci: “Eraldo, passamela un pochino indietro”. Il centrocampista lo prende per matto: “Diego, da qui non passa”. “Tu toccala e non preoccuparti”. Il resto della squadra continua a protestare, Bruscolotti è inviperito, Maradona lo avvicina: “Beppe, tranquillo: faccio gol lo stesso”. Il resto è una parabola magica, la punizione divina (copyright Ottavio Bianchi). Diego disegna un cucchiaio nell’aria, una palombella, il pallone carico d’effetto scavalca la barriera di 6 juventini e gira fino ad insaccarsi tra palo e traversa, col povero Tacconi che rischia l’osso del collo per raggiungerlo.
Che gooooooollllll!!! Mamma d”o Carmineeeee!!!!
E dopo, altre soddisfazioni, come nell’anno del primo scudetto: 2 a 1 al San Paolo e 3 a 1 al vecchio Comunale. La presa di Torino, per dirla con Maurizio De Giovanni. Ferrario, Giordano e contropiede vincente di Volpecina, un anonimo terzino di fascia…
Forti, spettacolari! Gli juventini, che prima ci “sfottevano”, cominciarono a odiarci. Napoli irriverente di fronte a cotanto blasone?

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Da quel giorno, la partita dell’anno contro i bianconeri ritornò a livelli più umani, non più Davide contro Golia. Fino a… Siamo a Pechino e le due squadre si stanno giocando la finale di Supercoppa Italiana. Juve e Napoli si affrontano dopo aver vinto rispettivamente lo scudetto e la Coppa Italia. La direzione di Mazzoleni è un disastro, vince la Juve in 11 uomini contro 9, con i partenopei che protestano per un calcio di rigore concesso agli uomini di Carrera (Conte era squalificato) e i rossi a Pandev e Zuniga. Mazzarri viene espulso, De Laurentiis ordina alla squadra di disertare la premiazione.
I Savoia ancora scippatori, poi si lamentano della banda dei Rolex….
Finimmo di cantare “‘O surdato ‘nnammurato” sotto la Mole.
Dopo Diego, ahinoi, il nulla…
Dovettero, infatti, passare 21 anni, il primo Mazzarri, per tornare a vincere a Torino.
Juve-Napoli è la sfida tra due orgogli: quello dell’antipatico e vincente bianconero, e quello passionale del sofferente popolo azzurro.
Saprà ridarci, questo sabato 13 febbraio 2016, i sorrisi persi da qualche tempo?
Orgogliosamente canteremo ancora che “un giorno all’improvviso” il Napoli potrebbe vincere quella “cosa” tricolore?
Mancano poche ore.
I miei “derby” familiari sono finiti da un pezzo perché i derby non sono cose dell’altro mondo, ma ogni volta si avvicina quest’appuntamento ritorno bambino, sulle spalle di papà, non più per Sivori, ma per Diego allora e per il Pipita oggi.

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Ho ancora tanta voglia di “innamorarmi di te”, vecchio ciuccio che nel frattempo di strada ne hai fatta. Noi siamo ancora qua, a difendere la città dagli scippi veri, dei Savoia e discendenze politiche varie.
Io ho ancora voglia di ubriacarmi, lavarmi di gioia. Fosse pure la lava del Vesuvio.

 

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