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DIFESA NAPOLI : L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ALBIOL

L’importanza di chiamarsi… Albiol. Questa, in sintesi, parafrasando la celebre opera di Oscar Wilde, potrebbe essere la massima che spiega le recenti difficoltà difensive del Napoli di Sarri. E sì perché dal 28 settembre scorso, data nella quale il difensore spagnolo è uscito giocoforza dalle rotazioni azzurre per una elongazione del bicipite femorale sinistro, la retroguardia partenopea ha subito dei pesanti scossoni che, né Chiriches né Maksimovic, sono stati in grado di attenuare con le loro discrete, ma non ottime, prestazioni individuali. Le cifre e i dati che Albiol ha fatto registrare con la sua presenza e la sua dolorosa quanto inaspettata assenza dimostrano che, senza di lui, la difesa partenopea appare meno forte, sicura e impermeabile. La statistica che subito balza agli occhi, infatti, è quella più banale ma forse più importante, ovvero quella riguardante i gol subiti. Nelle 7 gare non disputate dall’ex Madrid le reti subite sono state addirittura 13 (se si contano anche le 2 prese col Benfica quando lui era già uscito malconcio dal campo) con una media di gol incassati a partita che, addirittura, raddoppia rispetto alle prime 8 fra campionato e Champions: da 0.8 a 1.6. Un dato che, già da solo, rileverebbe, con tutta evidenza, l’esiziale importanza dello spagnolo nei meccanismi difensivi della squadra azzurra ma, in soccorso a questa teoria, giungono altre statistiche particolari che approfondiscono il tema. Dal suo infortunio dello scorso settembre, in 7 match disputati, il Napoli è riuscito a tenere imbattuta la porta di Pepe Reina una sola volta, in occasione della vittoria interna per 2-0 contro l’Empoli di Martusciello che “vanta”, si fa per dire, lo scettro di peggior attacco d’Europa (8 partite senza gol). Un solo clean sheet dunque rispetto ai 3 fatti segnare col numero 33 azzurro in campo. Infine, anche se alcuni riferimenti di base, come ad esempio il baricentro della squadra (55.8 metri prima, 55.6 dopo), la media degli interventi difensivi o il numero dei tackle vinti, siano rimasti pressoché invariati, in alcune categorie fondamentali per la tenuta di un reparto difensivo, più falli fatti (194), più tackle complessivi (229), più uno contro uno vinti (68) ed una maggior media di recuperi per partita (50%) dimostrano che Albiol incideva, e parecchio, negli equilibri totali della squadra contribuendo a difendere, in maniera efficace, la porta azzurra. Un altro aspetto importantissimo nel gioco dell’ex Valencia che manca molto nell’attuale economia complessiva del Napoli è la capacità di Albiol di far partire l’azione dalla retroguardia sgravando, spesso, da questo compito il regista di turno, solitamente, marcato a uomo da un attaccante avversario. Questa sua impagabile caratteristica permetteva al Napoli una maggiore propensione al gioco palla a terra con la possibilità di verticalizzazioni che partivano già dalla difesa. Alla gestione della sfera poi, si passa all’autorità, quasi regale, con la quale l’ex galacticos dirigeva la difesa e guidava lo statuario Koulibaly che, senza il suo”faro”, è diventato un calciatore molto più normale e impreciso rispetto a quello ammirato lo scorso anno e nell’entusiasmante avvio di stagione napoletano. Insomma, no Albiol no party : sarà solo un caso, intanto i numeri smentiscono teorie opposte e confermano, qualora ce ne fosse stato realmente bisogno, l’importanza di Albiol nell’economia di una squadra che si nutre di perfezione collettiva.

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