Nel Mezzogiorno siamo in un contesto di diseguaglianze e immobilità sociale. Troppe chiacchiere,solo promesse,il Mezzogiorno è scomparso dall’Agenda politica del Governo.Il tipo di politiche finora applicate hanno generato una ripresa dell’occupazione al Sud che non ha inciso sensibilmente sui livelli di povertà, ma che ha interessato solo parzialmente le fasce di popolazione più esposte al rischio di marginalizzazione sociale. La ripresa economica del Mezzogiorno non sembra ancora in grado di incidere su una condizione sociale che resta allarmante.Torna ad allargarsi il divario tra Sud e Centro-Nord, dopo un triennio 2015-2017 di seppur debole ripresa del Mezzogiorno.Bloccato tra “lo spettro di una nuova recessione” e una crescente emigrazione divenuta, questa sì, un “vera emergenza”
È quanto si legge nelle anticipazioni del Rapporto Svimez 2019 su “L’economia e la società del mezzogiorno.”, diffuso il primo agosto. L’Italia — chiarisce il report — farà registrare una sostanziale stagnazione, con un incremento lievissimo del Pil dello 0,1 per cento: «Al Centro-Nord dovrebbe crescere poco, dello 0,3 per cento, mentre nel Mezzogiorno l’andamento previsto è un calo dello 0,3 per cento».
Così il rapporto Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, delinea una situazione allarmante del contesto sociale del Sud ed anche della Campania. Ma Pil e tasso di occupazione servono ancora a misurare se le cose vadano bene o male? Ma il Sud è ancora in grado di agganciare la ripresa economica, ma la povertà è ai livelli più alti di sempre.
C’è un’emergenza SUD.
Un altro punto del rapporto mette in luce come gli emigrati dal Sud tra il 2002 e il 2017 sono stati oltre 2 milioni, di cui 132.187 nel solo 2017. Dal Rapporto Svimez emerge che questi ultimi «66.557 sono giovani (50,4 per cento, il 33 per cento dei quali laureati)». Il saldo migratorio interno, al netto dei rientri, «è negativo per 852mila unità. Nel 2017 sono andati via 132mila meridionali, con un saldo negativo di circa 70mila unità». La ripresa dei flussi migratori è quindi «la vera emergenza meridionale, che negli ultimi anni si è allargata anche al resto del Paese». Nel report si legge ancora come «il gap occupazionale del Sud rispetto al Centro-Nord nel 2018 sia stato pari a 2 milioni 918mila persone, al netto delle forze armate». La dinamica dell’occupazione al Sud presenta dalla metà del 2018 «una marcata inversione di tendenza, con una divaricazione negli andamenti tra Mezzogiorno e Centro-Nord». Gli occupati al Sud negli ultimi due trimestri del 2018 e nel primo del 2019 «sono calati di 107 mila unità (-1,7 per cento)», nel Centro-Nord, invece, nello stesso periodo, «sono cresciuti di 48mila unità (+0,3 per cento)».
L’indebolimento della spesa pubblica nel Sud, di cui si è già accennato, non ha soltanto un impatto negativo sullo svillppo economico, ma incide sulla qualità dei servizi erogati ai cittadini e alimenta un divario dovuto soprattutto ad una minore quantità e qualità delle infrastrutture sociali. In gioco, a ben vedere, ci sono diritti fondamentali di cittadinanza, declinati in termini di sicurezza, di livelli di istruzione, di accesso ai servizi sanitari e di cura. “Le carenze strutturali del sistema scolastico meridionale insieme all’assenza di politiche di supporto alle fasce più deboli della popolazione, in un contesto economico più sfavorevole – rileva la Svimez – determinano dal 2016, per la prima volta nella storia repubblicana, un peggioramento dei dati sull’abbandono scolastico”. Il numero di giovani che, conseguita la licenza media, resta fuori dal sistema di istruzione e formazione professionale raggiunge nel Sud il 18,8%, con punte di oltre il 20% in Calabria, Sicilia e Sardegna.
È NELLA SANITÀ CHE IL DIVARIO Nord-Sud raggiunge picchi da brividi. Nell’offerta di posti letto ospedalieri per abitante: 28,2 posti letto di degenza ordinaria ogni 10 mila abitanti al Sud, contro 33,7 al Centro-Nord. Nel settore socio-assistenziale e i servizi per gli anziani: per ogni 10.000 utenti anziani con più di 65 anni, 88 usufruiscono di assistenza domiciliare integrata con servizi sanitari al Nord, 42 al Centro, appena 18 nel Mezzogiorno, di cui addirittura 4 su 10 mila in Basilicata, 8 in Molise, 11 in Sardegna, 15 in Sicilia. Mentre i posti letto nelle strutture residenziali e semi residenziali, comprensivi degli istituti di riabilitazione, ogni 10 mila persone (non solo anziani) sono 73,47 al Centro-Nord, e 21,21 al Mezzogiorno, con punte di appena 9,85 in Sicilia e 14,28 in Campania.
I segnali di rallentamento apparsi in Europa nella prima metà del 2018 «hanno ridotto le prospettive di crescita dell’intera area, tuttavia l’Italia subisce un rallentamento che riallarga la forbice rispetto alla media europea. Siamo l’unico Paese, a parte la Grecia, che non ha ancora recuperato i livelli pre crisi», si legge ancora nelle anticipazioni. Se l’Italia rallenta, «il Sud subisce una brusca frenata. Si sta consolidando il doppio divario: dell’Italia rispetto all’Unione Europea e del Sud rispetto al Centro-Nord»
Mentre rileggo questi dati penso all’ultima intervista di papa Francesco ad Eugenio Scalfari:” Il popolo dei poveri deve entrare nella politica grande, creativa, quella descritta da Aristotele….Cristo ha parlato di una società dove i poveri, i deboli, gli esclusi, siano loro a decidere. Non i demagoghi, non i Barabba.”