SOVRANISMO E POPULISMO COINCIDONO. UNITA’ NAZIONALE A RISCHIO. PROMESSE ED ACCORDI CONTRO IL MEZZOGIORNO.

Si chiude con un monito duro e uno sguardo preoccupato sul futuro l’anno della Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno. L’autonomia fiscale, o differenziata, di Lombardia, Veneto ed Emilia è pericolosa per il nostro Paese.I ricercatori ci ricordano che l’autonomia è da promuovere se aumenta l’efficacia e l’efficienza nell’uso delle risorse, e se non compromette il requisito di solidarietà nazionale. Ci ricordano, altresì, che non esiste nessuna Regione donante, ma una redistribuzione tra cittadini grazie al fatto che lo Stato titolare del potere impositivo raccoglie le imposte erariali, il cui gettito è più consistente nel Centro-Nord per effetto dei divari di reddito e della progressività del sistema fiscale. Quindi siamo ad un passo dalla secessione mascherata che punta a regionalizzare servizi importanti per la coesione del Paese come sanità e istruzione. Dopo aver iniziato la litania “prima gli italiani”, scatta l’ora del “prima il nord!” Insomma la riduzione dell’ideologia sovranista che rompe l’unità nazionale contraddicendo i principi a cui dice di ispirarsi.
Il Sovranismo nasce soprattutto come rimedio, certo sbrigativo, un pò rozzo, alla mortificante stasi, all’inseguimento della “terra promessa”, all’inconcludenza e all’ammuffimento di una certa sinistra.Tutto ciò rende la posizione del Movimento 5 stelle sempre più subalterna alla Lega, creando una frattura oggettiva tra i due elettorati.
Così facendo il Governo abbandona sempre più il Mezzogiorno alla sua emarginazione sociale ed economica.Sovranismo e populisno coincidono.

Diciamo subito che l’antimeridionalismo che fa leva sul malessere e la paura delle persone, non si può battere con il populismo di Governo, ai vari livelli, delle narrazioni, delle battute ad effetto, delle promesse quotidiane. Populismo è far credere al popolo che i suoi difetti sono virtù: avidità e paura prima degli altri. Il Populista è conservatore, ha paura delle novità, è l’esatto contrario sia del riformista che del rivoluzionario.

La crisi economica dell’ultimo decennio, oltre a spazzare via i cascami di quei fantasmi che hanno infestato per vent’anni la scena politica italiana – berlusconismo e antiberlusconismo – ha innescato una serie di richieste democratiche dal basso: più rappresentanza, più uguaglianza di reddito, più formazione, più accesso alle risorse, più diritti civili.
L’attuale Governo quindi su più fronti contraddice platealmente quanto aveva dichiarato o scritto nel contratto. La prospettiva, nei prossimi mesi, non può essere solo la vittoria della propria parte contro le altre, o come si è visto con la manovra di Bilancio, di un’economia disumana basata solo sull’interesse immediato, elettorale e predatorio.
A forza di vivere solo per sè e i propri elettori si spegne una nazione, deperisce una comunità.

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