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EFFETTO BREXIT : LA BATTAGLIA CULTURALE DI OXFORD

L’Università di Oxford si trova in rotta di collisione col governo del Regno Unito e con gran parte dell’opinione pubblica. il Rettore dell’Università Chris Patten si è scagliato dalle colonne del «Guardian» contro la politica del governo che considera gli studenti stranieri alla stregua d’immigrati. Il clima nei College è di rassegnazione mista a rabbia. L’università si sente accerchiata e cerca di difendere interessi legittimi, come l’accesso ai fondi di ricerca europei e la libertà di movimento degli studiosi. Ma i margini di manovra sono ridotti al lumicino. La politica economica inglese dai tempi di Margaret Thatcher era predicata sull’idea che il lavoro manuale sarebbe stato sostituto da impieghi nel settore dei servizi avanzati. E così sono proliferate le università (da 70 nel 1984 a 170 nel 2016), sono stati tagliati i corsi di avviamento al lavoro e nel 1992 sono stati abolite gli istituti professionali, i cosiddetti Politecnici. Le competenze artigianali della classe operaia si sono perse in assenza di un piano industriale. A ciò si deve aggiungere la crisi dello stato sociale, in particolare i tagli all’istruzione pubblica. I dati che cita David Goodhart sono preoccupanti: il 17% degli studenti si diploma senza essere in grado di leggere e scrivere correttamente, mentre il 22% non è capace di fare di conto. Il paese è spaccato in due: una élite istruita nelle scuole private, mobile e colta, e una classe media preoccupata e a rischio di perdere tutto, con poche competenze e molto indebitata.

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