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ERA IL 1984 QUANDO LA “RAGAZZA AFGANA” , OPERA DEL FOTOGRAFO McCURRY, FECE IL GIRO DEL MONDO

Era il 1984, quando il grande fotografo Steve McCurry catturò nei meandri del suo obiettivo, una ragazza in un campo profughi pakistano. Pubblicata sulla copertina di National Geographic, quell’immagine colpì il mondo intero, diventando un’icona della sofferenza dei profughi afghani e della enorme bellezza di una ragazza, che non aveva colpe di una vita ingiusta e dolorosa. All’epoca la giovane aveva 12 anni e tutta la sua vita impressa negli occhi, nel viso. « Mi accorsi subito di quella ragazzina […]. Aveva un’espressione intensa, tormentata e uno sguardo incredibilmente penetrante – eppure aveva solo dodici anni. Siccome era molto timida, pensai che se avessi fotografato prima le sue compagne avrebbe acconsentito più facilmente a farsi riprendere, per non sentirsi meno importante delle altre », ricorda così l’aneddoto il fotografo, che in quell’anno era giunto nel subcontinente asiatico per documentare gli effetti distruttivi del monsone ed il fascino delle ferrovie indiane, e accettò la commissione fattagli dal  National Geographic che gli propose di scattare un fotoreportage nei vari campi di profughi allestiti lungo la frontiera afgano-pakistana. Il reporter  si recò immediatamente nella provincia della Frontiera del Nord Ovest in Pakistan, dove iniziò il proprio servizio fotografico. Fu nel campo di Nasir Bagh che il fotografo, sentì delle voci provenire da una tenda, che immaginò ospitare una classe scolastica. Entrato, e ricevuta l’autorizzazione per fotografare le alunne dall’insegnante, fu immediatamente colpito dallo sguardo  di una delle ragazzine. La classe era composta di una quindicina di ragazze. “Erano tutte giovanissime e facevano quello che fanno tutti gli scolari del mondo, correvano, facevano chiasso, strillavano e alzavano un sacco di polvere. Ma quando ho cominciato a fotografare Gula, non ho sentito e visto più nient’altro. Mi ha preso completamente […] Suppongo che fosse incuriosita da me quanto io lo ero da lei, poiché non era mai stata fotografata prima e probabilmente non aveva mai visto una macchina fotografica. Dopo qualche minuto si alzò e si allontanò, ma per un istante tutto era stato perfetto, la luce, lo sfondo, l’espressione dei suoi occhi “. La foto fece il giro del mondo, per tutti quella ragazzina bellissima e con uno sguardo che taglia il respiro, fu chiamata “la Ragazza Afgana“. Accade che: « I lettori se ne innamorarono subito. La risposta fu immediata. Fotografando quella bambina in un campo profughi in Pakistan, Steve ha creato un’immagine che ha conquistato milioni di persone in tutto il mondo. Quegli inquietanti occhi verdi bucavano la copertina, raccontando la triste condizione della ragazza e catturando i nostri sguardi ». Tuttavia, l’identità di quella ragazza rimase avvolta nel mistero, perchè il fotografo non conosceva il suo nome, la sua storia, ma solo il suo volto.  McCurry, si è messo alla sua ricerca per tutta la vita e finalmente nel 2002, la ritrovò, riconoscendola 17 anni dopo, grazie ai suoi occhi . Il suo nome era Sharbat Gula, che in lingua pashto significa «ragazza fiore d’acqua dolce», il suo volto era diverso, con i segni che la vita ti lascia addosso di guerre, invasioni e difficoltà vissute.  , ma gli occhi non erano cambiati.  I suoi occhi verde ghiaccio, disarmanti e pieni di umanità, e la sua espressione mista di paura, rabbia e voglia di riscatto, sono diventati un simbolo del conflitto che dilaniava l’Afghanistan e allo stesso tempo di tutte le guerre che imperversavano, e imperversano tutt’oggi, nel Medio Oriente. Ha vinto il dolore.

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