Economia e Welfare

ESODO SENZA FINE: + 34% DI ITALIANI ALL’ESTERO IN DUE ANNI

È il dramma dei giorni nostri, il fenomeno che, più di ogni altro, riempie le pagine dei giornali: l’ emigrazione. Questa volta, però, non sono gli ormai, purtroppo, celebri barconi provenienti dall’Egitto o dalla Siria sotto i riflettori, ma i ben più comodi aerei di linea o low cost ai quali, i nostri giovani, affidano le proprie speranze di un futuro migliore.
Sono, infatti, in numero sempre più crescente, anche in maniera preoccupante, gli italiani che lasciano le proprie città natali diretti verso ogni parte del mondo alla ricerca di un lavoro. Tra questi, sempre più sono i laureati, gli specialisti di quei settori ai quali hanno dedicato anni e anni di studio.
L’allarme arriva dall’Istat e passa dalla Camera di Commercio di Milano: circa 90.000 sono gli italiani che, nel solo 2014, hanno registrato la propria residenza oltre i confini nazionali (+34% rispetto al 2012).
La città più colpita risulta essere proprio il capoluogo lombardo (3.300 emigranti), anche se in costante rilancio, seguita a ruota da Roma (2.500) e Napoli (1.885).
Mete preferite? La numero uno resta sempre il Regno Unito, con Londra che si afferma 13esima città italiana. Successivamente, raccoglie larghi consensi la Germania, così come la Svizzera. Prendono piede anche mete più lontane ed affascinanti come Australia, Canada e Stati Uniti.
E se, un tempo, il fenomeno riguardava per lo più giovani e meno giovani in cerca delle occupazioni più, cosiddette, umili, oggi la tendenza sembra invertirsi anche in tal senso. Sono, infatti, per lo più laureati, dottorandi, specialisti di ogni settore, a salutare le famiglie d’origine per imporsi in una lingua straniera.
Stando ai dati riguardanti gli ultimi cinque anni, circa 23 miliardi di euro investiti per la formazione dei nostri ragazzi, sono stati “regalati” a Paesi esteri, il che si riflette in maniera negativa sulla spesa pubblica.
E se l’argomento è motivo di studio per sociologi ed economisti, al contrario, sembra non interessare ai banchi del Governo. Nelle nostre Aule, infatti, l’emigrazione preoccupante dei giovani italiani sembra non essere degna di alcuna discussione parlamentare, quindi, di provvedimenti volti alla risoluzione del problema.
Il risultato è, dunque, un Paese che vede volar via le menti migliori, così come le energie di chi, con forza e volontà, si rassegna a vedere i parenti soltanto via computer, al fine di garantirsi la possibilità di far valere e dare un senso ai tanti sacrifici spesi nelle università di casa.
Tra i 18 e i 39 anni è l’età di chi saluta. Se Corman McCarthy scriveva “Non è un paese per vecchi”, l’Italia sembra andare in direzione opposta. Ma una nazione, per di più in crisi economica e culturale, che non affida le proprie speranze ai giovani, su cosa fonda le proprie speranze di rinascita? A chi resta l’ardua sentenza.

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