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Filippo Taddei parla di Jobs Act, alla Festa de L’Unità di Pomigliano

«Noi crediamo in un paese ad elevato stato sociale e la cui pressione fiscale rimanga in linea con gli standard europei». Esordisce in questo modo Filippo Taddei, responsabile economia della segreteria Renzi, nel dibattito organizzato dal PD di Pomigliano nell’ambito della Festa de L’Unità. Un lungo momento di confronto, proprio tra chi sta mettendo a punto la strategia del governo sulle politiche economiche del paese ed i cittadini, imprenditori e pensionati che vivranno sulla propria pelle i risultati di queste riforme.

« Siamo un caso di paese che è diventato ricco nonostante carente di personale umano, inoltre, nel tessuto industriale della penisola solo il 5% investe in formazione dei lavoratori e dei disoccupati. Purtroppo, quando si parla di lavoro, focalizziamo l’attenzione tra i pro ed i contro l’articolo 18, sorvolando sui temi importanti». Continua così l’elenco delle carenze e delle riforme da mettere in campo per portare l’Italia ad avvicinarsi agli standard europei. Gli 80 euro in busta paga, i tagli agli sprechi e la cassa integrazione rientrano nel complesso delle riforme che il governo sta mettendo in campo e di cui, nei prossimi mesi si dovrebbero vedere risultati tangibili.

«L’Italia chiede ogni anno a lavoratori ed imprese il 2% in più di tasse rispetto ai paesi europei. Questi 2 punti percentuali corrispondono a 30 miliardi sottraiamo a chi dovrebbe ricostruire questo paese. Gli 80 euro al mese, che sono 1000 in un anno, vanno nella direzione di correggere questa anomalia. Ridiamo 10 miliardi di euro ad una grossa fetta di lavoratori italiani non come espediente una tantum. Recuperiamo questi soldi tagliando gli sprechi».

Sulla cassa integrazione, continua Taddei «abbiamo verificato come alcune imprese, ogni anno, la utilizzano per gestire il proprio ciclo produttivo. Dobbiamo evitare che in futuro possano avvenire queste storture. Anche Obama ha riconosciuto che gli ammortizzatori sociali, da soli, non sono in grado di far fronte alla crisi».

Infine il nodo cruciale è proprio sugli sprechi che causano anche una gestione non ottimale dei fondi europei. «Non abbiamo alcuna intenzione di proporre tagli orizzontali alla spesa pubblica come sono avvenuti in passato. Con il decreto sulla pubblica amministrazione ci poniamo l’ambizione di correggere le storture del sistema senza intaccare  le cose a cui teniamo come la sanità, la scuola, l’università e la spesa pensionistica. Quindi, dei 720 miliardi di spesa pubblica, al netto degli interessi, restano 160 a cui togliere poco più di 10 che ci servono per i famosi 80 euro».

Il problema degli sprechi si annida anche nella eccessiva burocrazia italiana. «Un esempio tra tanti è rappresentato dalla gestione dei fondi europei. Abbiamo un piano nazionale e 21 piani regionali, perché Trento e Bolzano ne hanno due diversi. Sui piani regionali ci sono tutti i temi che possono centrare i fondi europei ma i problemi nascono perché ci sono incongruenze tra il piano nazionale e quelli regionali, essendo materie concorrenti. Si creano conflitti giganteschi che generano corruzione e clientele. Occorre cambiare il nostro sistema, non rinunciando ai fondi ma utilizzandoli al meglio».

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