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I POVERI AL CENTRO DEL MONDO

Sabato 5 novembre, con una carovana di 54 amici e collaboratori di Scampia ho partecipato in Vaticano nell’Aula Nervi al Terzo incontro di papa Francesco con i rappresentanti internazionali e di quelli italiani dei movimenti popolari. Devo dire la verità, l’evento di quel sabato pomeriggio non mi aveva particolarmente coinvolto e sollecitato, anche se  avevo apprezzato le testimonianzePope Francis during his visit in a refugee camp in Rome, 8 February 2014. ANSA/OSSERVATORE ROMANO PRESS OFFICE ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++ad alta voce di delegati di vari continenti  sui temi della difesa della Madre terra, del diritto sociale alla casa ed al lavoro, oggetto della sacrosanta lotta dei movimenti popolari in vari paesi,  e la presenza sul palco accanto a papa Francesco di rappresentanti di vari paesi in caratteristici costumi. Dopo,  un ampio atteso discorso di papa Francesco, iniziava  con queste parole: <<In questo nostro terzo incontro esprimiamo la stessa sete, la sete di giustizia, lo stesso grido: terra, casa e lavoro per tutti>>, ed alla fine invece di dare la benedizione annunciata  ai presenti ha preferito scendere in platea per accarezzare, benedire, stringere le mani di malati e quelle dei numerosi presenti in aula che attendevano un gesto, un bacio anche ai loro piccoli.

A distanza di meno di una settimana, altri incontri e messaggi di papa Francesco di straordinario significato e spessore evangelico sui “poveri” mi hanno raggiunto, condiviso ed illuminato, e voglio condividerli con voi se mi leggerete. Naturalmente prenderò fior da fiore, senza ulteriori commenti.

Nell’intervista di Eugenio Scalfari a papa Francesco  un giorno prima dei risultati delle elezioni presidenziali americane e pubblicata su La Repubblica, 11 novembre, alla domanda: “Cosa pensa di Donald Trump?” La risposta  precisa  fuori del linguaggio politico è stata: “Io non do giudizi sulle persone e sugli uomini politici, voglio solo capire quali sono le sofferenze che il loro modo di procedere causa ai poveri e agli esclusi”. Essa si completa con la preoccupazione principale di questo momento di papa Francesco, “Quella dei profughi e degli immigrati,  in piccola parte cristiani, la loro sofferenza e il loro disagio; le cause sono molte e noi facciamo il possibile per farle rimuovere. Purtroppo molte volte sono soltanto provvedimenti avversati dalle popolazioni che temono di vedersi sottrarre il lavoro e ridurre i salari. Il denaro è contro i poveri oltreché contro gli immigrati e i rifugiati, ma ci sono anche i poveri dei Paesi ricchi i quali temono l’accoglienza dei loro simili provenienti da Paesi poveri. E’ un circolo perverso e deve essere interrotto. Dobbiamo abbattere i muri che dividono: tentare di accrescere il benessere e renderlo più diffuso, ma per raggiungere questo risultato dobbiamo abbattere quei muri e costruire ponti che consentono di far diminuire le diseguaglianze e accrescono la libertà e i diritti”.

Quello che noi vogliamo è la lotta contro le diseguaglianze, questo è il male maggiore che esiste nel mondo. E’ il danaro che le crea ed è contro quei provvedimenti che tendono a livellare il benessere e favorire quindi l’eguaglianza”.

Lei dunque vagheggia una società dominata dall’eguaglianza. Una società del tipo marxiano?

“Più volte è stato detto e la mia risposta è sempre stata che, semmai, sono i comunisti che la pensano come i cristiani. Cristo ha parlato di una società dove i poveri, i deboli, gli esclusi, siano loro a decidere. Non i demagoghi, non i barabba, ma il popolo, i poveri, che abbiano fede nel Dio trascendente oppure no, sono loro che dobbiamo aiutare per ottenere l’eguaglianza e la libertà“.Il papa  auspica che i Movimenti  popolari e soprattutto il popolo dei poveri entrino direttamente nella politica vera e propria.  La politica alta, creativa, le grandi visioni. Quello che nell’opera sua scrisse Aristotele.

E nell’incontro di venerdì 11 novembre con i socialmente esclusi radunati nell’Aula Nervi, con delicatezza e sensibilità evangelica affermava “Come ha detto il Cardinale [Barbarin], le vostre mani sopra la mia testa mi danno forza per proseguire la mia missione, nella preghiera dell’imposizione delle mani. Vi ringrazio di essere venuti a visitarmi” E l’occhio della telecamera ha colto papa Francesco tra i disederedati di varie provenienze e situazioni che abbracciava con affetto, che parlava più delle parole.  “Vi chiedo scusa se vi posso aver qualche volta offeso con le mie parole o per non aver detto le cose che avrei dovuto dire. Vi chiedo perdono a nome dei cristiani che non leggono il Vangelo trovando la povertà al centro. Vi chiedo perdono per tutte le volte che noi cristiani davanti a una persona povera o a una situazione di povertà guardiamo dall’altra parte. Il vostro perdono per uomini e donne di Chiesa che non  vogliono guardarvi o non hanno voluto guardarvi, è acqua benedetta per noi; è  pulizia per noi; è aiutarci a tornare a credere che al cuore del Vangelo c’è la povertà come grande messaggio, e che noi – i cattolici, i cristiani, tutti – dobbiamo formare una Chiesa povera per i poveri; e che ogni uomo e donna di qualsiasi religione deve vedere in ogni povero il messaggio di Dio che si avvicina e si fa povero per accompagnarci nella vita”.

Il giorno dopo nella metropolitana 1 da Piscinola a piazza Garibaldi ho incontrato una giovane rom con in braccio un piccolino, come altre volte ho scambiato qualche parola con lei, ed ho colto intorno mormorii non certo di approvazione.

Domenica 13 novembre nella Messa giubilare in San Pietro per i socialmente esclusi, quasi a conclusione di un percorso evangelico sulla centralità dei poveri nel Vangelo auspicava che  “ oggi fosse la “giornata dei poveri”.

MEDITATE GENTE

Domenico Pizzuti

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