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Il Consiglio di Stato riapre “Cava Sarno”, smantellata la sentenza del Tar: «bomba atomica» disinnescata

Accolto in toto il ricorso di Calcestruzzi Irpini sulla sentenza del Tribunale Amministrativo di Salerno: nessuna minaccia alla concorrenza del mercato, nessuna violazione del vinvolo paesaggistico perché, semplicemente, il vincolo non c’è. Si chiude una vicenda che avrebbe potuto avere conseguenze ben peggiori, anche se in questi mesi l’azienda ha comunque dovuto licenziare 35 unità, al di là degli ingenti danni subiti al fatturato e all’immagine

 

 

Il Consiglio di Stato riapre “Cava Sarno” accogliendo in toto il ricorso di Calcestruzzi Irpini s.p.a contro il pronunciamento del 21 gennaio scorso del Tar di Salerno sui ricorsi presentati da altri esercenti controinteressati (Castellano Cave s.r.l., Cave Bruschi s.r.l., Gardenia Service Srl, Cesa s.r.l., Rising House s.r.l.) annullando le autorizzazioni con le quali la Regione Campania – U.O.D. Genio Civile di Avellino, nel 2013, (DD.DD. n.20 e n. 78 del 2013) dava alla alla Calcestruzzi Irpini spa, facoltà nella coltivazione e nel recupero ambientale del comparto estrattivo C16AV_01 sito in Salza Irpina.

Nella sentenza del Tar, come si ricorderà, si disponeva «l’annullamento dei decreti di autorizzazione» e si dava mandato di renderla esecutiva al Genio Civile che, tra l’altro, «tenendo conto della efficacia EX TUNC dell’annullamento dei decreti di questo Ufficio», decise di inibire «anche la commercializzazione dei materiali scavati fino alla data della sentenza in argomento, fatta salva una, eventuale, diversa valutazione delle altre strutture regionali».

«Una bomba atomica». Così le forze sindacali del comparto accolsero la sentenza del Tar parlando della più grande vertenza della provincia di Avellino, una vertenza destinata a riverberare effetti devastanti su tutto il comparto con danni enormi sul terreno occupazionale.

Una bomba che il Consiglio di Stato ha disinnescato, come detto, con una sentenza che smantella completamente l’impianto del pronunciamento del Tribunale Amministrativo di Salerno che, nella sostanza, annullò le autorizzazioni alla Calcestruzzi Irpini s.p.a. per due sostanziali motivi: in primo luogo, perché l’amministrazione regionale non avrebbe dato conto delle ragioni che giustificavano l’attribuzione del 70% del fabbisogno estrattivo di calcare della Provincia ad un solo operatore, ovvero alla Calcestruzzi Irpini, violando i principi di imparzialità e di tutela della concorrenza, così da compromettere la futura attività d’impresa delle altre aziende operanti; in seconda battuta perché, pur in presenza di aree boscate incise dall’attività estrattiva, l’autorità preposta alla tutela del vincolo non sarebbe stata messa in grado di partecipare al procedimento autorizzativo.

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Il Consiglio di Stato ha completamente ribaltato quella interpretazione affermando, in primo luogo, che «… Contrariamente a quanto supposto dal Tar, la fissazione dell’aliquota estrattiva non è affatto preordinata a disciplinare il mercato e la concorrenza fra imprese del settore bensì è deputata a stabilire il limite quantitativo del materiale estraibile dal singolo comparto a prescindere dall’attività estrattiva esercitata dalle altre imprese estrattive negli altri comparti ad esse assegnati: in altri termini non contingenta il quantitativo di materiale da estrarre per garantire la concorrenza nel mercato. Sicché il parametro del fabbisogno non è ascrivibile alle misure amministrative sul buon funzionamento del mercato a tutela della concorrenza dalla cui violazione i giudici di prime cure, seguendo le tracce dell’elaborato peritale, hanno tratto, con un salto logico prima ancora che giuridico, la conclusione della sussistenza di un profilo d’illegittimità degli atti impugnati ». Fermo restando che quella concessione, allo stato dell’arte, « non pregiudica l’attività d’impresa » delle altre aziende operanti.

In seconda battuta, il Consiglio di Stato rileva « il dato oggettivo che nessun atto assevera la sussistenza nelle aree ricomprese nel comparto C16AV 01 (Cava Sarno ndr) del vincolo paesaggistico a tutela delle superfici boscate ». Il Consiglio richiama esplicitamente « il “verbale d’accertamento aree boschive” del 9 maggio 2007, atto posto a monte della perimetrazione regionale dei comparti, con il quale l’amministrazione regionale, dopo il sopralluogo effettuato dagli organi competenti – ossia nella sede propria deputata a verificare in concreto le caratteristiche naturalistiche delle aree ricomprese nel comparto in esame – ha espressamente escluso che esse fossero interessate da superfici boschive. Ad ulteriore e decisivo conforto: l’organo tecnico forestale STAPF nella nota del 2.12.2011, sul PUG (Progetto unitario di gestione produttiva) presentato da Calcestruzzi Irpini s.p.a., ha negato la sussistenza di vincoli paesaggistici sulle aree del comparto; nella VIA (Valutazione impatto ambientale) integrata con la Valutazione di incidenza non è stata rilevata la sussistenza del vincolo paesaggistico ».

Di qui, il Consiglio di Stato definisce « infondate », argomentando punto su punto, tutte le motivazioni dedotte negli appelli incidentali, ovvero sulla violazione dell’art. 23 delle NTA del Piano Regionale Attività Estrattive, sulla violazione del limite massimo di estensione, sull’obbligo di costituzione del consorzio, sulla indisponibilità delle aree del comparto; sulla sussistenza di strade vicinali gravanti sulle aree del comparto; sulla maggior ampiezza dell’area di cava; sul difetto d’istruttoria del parere forestale; sul perimetro del progetto estrattivo autorizzato.

Si chiude, dunque, una vicenda che comunque ha avuto le sue conseguenze. La Calcestruzzi Irpini si è vista costretta ad operare 35 procedure di mobilità, ovvero licenziamenti, ha evidentemente subito un pesante calo del fatturato, ha dovuto rinunciare a diversi ed importanti contratti commerciali con un pesante danno di immagine. Ci vorrà tempo per recuperare il terreno perduto ed è chiaro che sul versante giudiziario potrebbero esserci ulteriori sviluppi in futuro. Per adesso, da quelle parti, si pensa a ripartire.

 

*Articolo pubblicato sul sito “Orticalab”.

 

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