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Il coronavirus ridisegna l’Europa del calcio, Ceferin: “Nulla più come prima, sul Fair Play Finanziario più opzioni”

Ci sono tre binari che corrono necessariamente paralleli in questo delicato momento per il mondo del calcio. Il primo è quello del taglio degli stipendi, il secondo porta dritto ai diritti televisivi e il terzo è un po’ la conseguenza di entrambi e, non a caso, è quello che sta più a cuore ai grandi club europei: il Fair Play Finanziario. L’allarme lanciato ieri da Andrea Agnelli in rappresentanza dell’Eca non è solo un invito a trovare una soluzione che permette alle società di non finire a carte quarantotto, ma è la versione gentile di una discussione che sarà invece aspra con la Uefa sulla rivalutazione, se non addirittura sull’abolizione, dei parametri attualmente richiesti alle società per poter accedere alle coppe europee. Tanto che Ceferin, intervista da Enrico Currò per Repubblica, ha ammesso: “Nulla sarà più lo stesso dopo questo anno terribile. Sul FFP ci sono più opzioni aperte”.

Il succo del discorso, sintetizzandolo e banalizzandolo il più possibile, è il seguente: l’attuale “regime” economico permette ai club uno sforamento di 30 milioni tra ricavi e costi. In assenza di ricavi, causa coronavirus e conseguente stop a campionati e coppe, restare all’interno dei parametri richiede parecchia fantasia ed è pressoché impossibile. Per capirci: come puoi sostenere l’ingaggio di Ronaldo o Messi senza incassare un euro? Questo, molto banalmente, è quello che l’Eca sta dicendo e dirà alla Uefa.

In quest’impossibilità di rispettare le regole si incastrano, appunto, gli altri due binari. Da giorni si sta provando, in Italia ma anche nel resto d’Europa, a trovare un’intesa con i giocatori per arrivare a un taglio degli stipendi. Questione aperta che in qualche modo troverà una soluzione, ma questione affatto semplice. I giocatori sono legati da contratti e, per moltissimi versi tranne forse quello “morale” hanno tutto il diritto del mondo di continuare a incassare mensilmente l’assegno del loro stipendio. Le società, d’altro canto, non possono spendere oltre un certo limite se non fanno cassa. Anche qui vale un esempio semplice semplice: se un bar resta chiuso per l’emergenza coronavirus e non incassa difficilmente potrà far fronte alle spese di affitto e fornitori. Per il calcio, con dimensioni economiche differenti, vale la stessa cosa.

E lo stesso vale anche per i diritti televisivi: perché devo pagare per uno spettacolo che non va più in onda? E gli sponsor? Perché tirare fuori soldi quando il mio marchio rimane chiuso nel cassetto?

Sarà insomma un tema complesso da districare ma che porta a un’unica soluzione: il Fair Play Finanziario, così com’è concepito oggi, non ha più senso e non può più esistere. Lo aggiorneranno? Forse, e la questione era tra l’altro sul tavolo da diversi mesi. Troveranno soluzioni intermedie come l’esclusione della stagione in corso nel conteggio dei triennii? E’ possibile. Lo aboliranno definitivamente? Non è da escludere. Quel che è certo è che quel che conosciamo oggi non sarà domani. Addio, insomma: ha avuto molti meriti e più di un demerito, non ha restituito equilibrio al calcio mondiale, com’era nell’idea di partenza, ma ha evitato il fallimento di qualche club. Non è stato perfetto, ma nemmeno disastroso. In ogni caso, non sarà più. Non così almeno.

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