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Isaia Sales: l’integrazione e la cultura sono gli ingredienti per sconfiggere la microcriminalità

Isaia Sales, docente di Storia delle Mafie all’Università Suor Orsola Benincasa, ex deputato e scrittore. A “Dentro i fatti”, il programma di Samuele Ciambriello in onda ogni lunedì su Radio Club 91, ha parlato di giovani e microcriminalità e di quanto sia importante l’integrazione e la cultura di base al fine di migliorare, da questo punto di vista, la situazione della città di Napoli.

Prof. Sales, sono migliaia i giovani che passano dalla devianza alla microcriminalità, che vivono in condizioni di disagio e alimentano la dispersione scolastica. Come va affrontato questo fenomeno dal punto di vista politico e scolastico?

Sono ragionamenti non semplici ma che vanno affrontati partendo dalle radici storiche. Non solo Napoli oggi, ma in passato anche altre grandi città hanno avuto problemi di delinquenza e microcriminalità.  Queste grandi città come la Parigi o la Londra dell’800 o più recentemente Barcellona o Marsiglia negli anni 60-70 hanno ridimensionato il problema integrando le classi pericolose al loro interno. L’integrazione si fa con il lavoro e con la scuola. Non esiste altra forma di integrazione se non l’occupazione e l’istruzione. Gesualdo Bufalino diceva: “Volete una ricetta anti-mafia? Mettete gli insegnanti al posto dei militari!” Questo è un ragionamento basilare, non ci sono altre soluzioni: se in una città ci sono migliaia di giovani che non hanno un minimo di cultura, prima o poi deviano. Ciò accade ovunque, solo che nelle altre città del mondo l’integrazione è affidata al pubblico, mentre a Napoli è affidata alla chiesa e a pochi volontari.

Possono esserci luoghi alternativi al carcere? La politica investe sulle iniziative rivolte ai giovani o non si occupa dei minori perché questi ultimi non hanno diritto al voto?

I minori non votano e non fanno opinione, o meglio la fanno soltanto quando uno di loro uccide o viene ucciso. Ma a prescindere da tutto, è obbligatorio che ci siano delle politiche sociali e di integrazione. Ciò che avviene a Napoli è la fotografia di ciò che non si è fatto. Non è possibile fare politiche di ordine pubblico in una grande città come Napoli se non sono accompagnate dall’integrazione. Ad un giovane che viene arrestato bisogna far capire che ci sono alternative, possibilità di recupero… un ritorno indietro. Se non viene data la possibilità di un ritorno indietro la società resta malata e non riesce ad uscire da questa situazione.

Parliamo di politica. Nel 2012 Lei ha pubblicato il libro “Napoli non è Berlino”.  Lo spunto era dato dalla necessità di riflettere sui motivi della caduta politica di Antonio Bassolino. SI tratta di una Sua riflessione sulla parabola politica di un uomo che aveva legato a sé il destino di Napoli. In questi giorni si parla nuovamente di Bassolino come candidato a sindaco per la città di Napoli. La Sua opinione in merito…

Non ho un’opinione precisa in merito essendo questi argomenti delicati. Nel mio libro del 2012 dicevo esattamente quello che dico oggi. I problemi della città vanno condivisi con il gruppo dirigente nazionale: senza questa corresponsabilità non si riesce bene a comprendere la nostra città. E lo ripeto anche oggi: se Napoli viene lasciata da sola ad affrontare tematiche particolari come quella dei rifiuti o della criminalità, non ce la potrà fare.

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