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La costruzione di un gruppo dirigente e gli errori del PD

Un partito politico moderno che voglia avere nel suo paese un ruolo di governo deve curare molto il processo di formazione del suo gruppo dirigente. E’ un’attività seria, impegnativa e di lungo periodo. Bisogna seguire con attenzione l’emergere di nuovi quadri e sostenerli nel loro processo di formazione. In fondo anche Napoleone cominciò come giovane sotto-tenente di artiglieria. I Mozart, geni improvvisi e spontanei per dono divino sono rarissimi ed in politica inesistenti. Curare la formazione del proprio gruppo dirigente vuol dire costruirlo intorno a valori e principi comuni e condivisi sulla base dei quali articolare diversità interpretative che possano configurare anche opzioni politiche differenti fra loro.

Quando si chiede alle giovani generazioni di impegnarsi in politica occorre tener presente questa necessità.

Il danno maggiore che la degenerazione clientelare e familistica della politica italiana degli ultimi anni col suo seguito, anche volgare, di corruzione, ha determinato è stato proprio la crescita della diffidenza, se non del disprezzo, delle giovani generazioni verso la politica.

Né basta a rimuovere questi atteggiamenti negativi l’asserzione banale e verissima che se tu non vuoi occuparti di politica comunque e sempre la politica si occupa di te.

Gli esempi contano. La politica deve combattere metodi come quelli vigenti nel mondo accademico in cui giovani e brillanti ingegni vengono scartati a favore di personaggi mediocri il cui unico merito è quello di portare un cognome prestigioso. Come del resto accade anche in altri settori della nostra vita pubblica. Politica inclusa.
Nel definire la società del nostro Meridione la sociologia individuò come caratteristica sua precipua il “familismo amorale”.Un criterio per cui l’appartenenza ad un gruppo, ad una famiglia faceva premio sulle caratteristiche degli individui, che andavano tutelati e coperti, sempre e comunque, in quanto membri del clan. Questo schema interpretativo si può tranquillamente estendere a tutti i settori della società. Sopratutto ai livelli alti della società: politici, accademici e imprenditoriali.
La persistenza di alcuni cognomi nelle dinastie accademiche ne è vigoroso esempio: Il fenomeno si ripete anche per l’economia e la politica con un’eccezione singolare per quest’ultimo settore: i cognomi o le appartenenze familiari si manifestano nell’accesso a candidature pubbliche, nell’inclusione in liste elettorali per funzioni coperte da indennità di carica, a volte anche corpose. Quasi mai negli organi operativi dei partiti né nella direzione di strutture di base. Insomma nei posti in cui la politica è anche fatica.

Questa pratica è dannosa, politicamente, per molti aspetti. Ostacola il rinnovamento del gruppo dirigente ed è la spia di un fenomeno deteriore: la gestione individualistica di consensi elettorali costruiti non intorno a valori politici ma sulla gestione personale di gruppi di “clientes” –

Nell’Italia pre-fascista vi erano esempi notevoli. Il collegio elettorale del Sannio, ad esempio, veniva chiamato il Decariato perché era appannaggio, di padre in figlio, di un De CaroAnche nell’Italia moderna gli esempi non mancano            .

Va aggiunto che di solito il fenomeno riguarda le seconde file. Non vi è traccia di un De Gasperi o di un Moro o Berlinguer jr mentre abbondano i cognomi ripetuti per dirigenti di medio livello. Questa pratica è l’esatto contrario di ciò che occorre ad un partito moderno: la costruzione di un gruppo dirigente che provenga dai luoghi di lavoro, dalla scuola dalla società civile la cui selezione è affidata innanzitutto all’impegno politico di base e la cui formazione va curata in strutture apposite. Di esse, allo stato, non v’è traccia. Tutto è improvvisato e affidato alla casualità oppure, come dicevo, all’appartenenza a questo o quel clan.
Se il PD aspira ad essere un partito moderno deve invertire questa tendenza. So bene che ciò contrasta con la teoria del partito liquido, di eletti ed elettori senza strutture e organi di direzione. Non vi è niente di moderno in un sistema senza controllo in cui vengono avanti non i più bravi ma i più marpioni. La cronaca recente lo dice e non c’è bisogno di fare nomi. Le organizzazioni che resistono al tempo sono quelle che hanno strutture permanenti . procedure per la contendibilità della dirigenza.

C’è molto “turismo” politico in giro ma far passare l’idea che un partito è un taxì che aiuta a far carriera non è proprio il massimo per intercettare la carica d’idealità propria dei giovani.

Le giovani generazioni vanno coinvolte su un progetto di condivisione di scelte, pragmatica nella condotta ma ideali nell’ispirazione.

Un esempio negativo lo vediamo nel fascino che gli integralismi esercitano sulle giovani generazioni che vivono condizioni di disagio.

Se il PD vuole rappresentare la speranza di un paese moderno, ma sostenuto da idealità di progresso deve ripensare i suoi metodi di rinnovamento e di attrazione delle giovani generazioni. Deve ripensare la sua capacità di rappresentanza, coinvolgendo anche e soprattutto chi si sente escluso. Se non vogliamo che dalla società nascano movimenti incontrollabili di ribellismo sterile ma pericoloso.

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