Economia e Welfare

LA LIBERTA’ HA LE FERITE ANCORA APERTE

Solo ieri ho dato la notizia della presentazione di un libro nuovo scritto da Nicola Graziano e Mimmo Franzinelli “Un’odissea partigiana: dalla resistenza al manicomio” che racconta e dà voce ad una serie di storie d’Italia… ma confesso che non avevo capito il senso profondo di tutto quello che c’era dietro.

Stasera sono entrata nel nosocomio di Aversa: il viale alberato, pulito, curato sembrava un bellissimo giardino. Poi le sbarre alle finestre mostravano una realtà completamente diversa: la sofferenza di chi non può uscire e la sofferenza di quelli che li amano e non possono entrare.

La sala del convegno era affollata di persone venute per ascoltare, per sentire da coloro che hanno raccolto l’eredità dei protagonisti le urla di dolore che ancora risuonano in quegli ambienti.

opg-aversaQuando hanno cominciato a parlare, i relatori ci hanno dato la possibilità di rivivere un pezzo di storia, una storia dimenticata dai più: la storia dei partigiani di quelli che hanno lottato per la libertà.

Già la libertà è un bene così prezioso del quale oggi non avvertiamo più il valore perché siamo abituati ad esprimere le nostre idee anche le più strampalate e ad essere rispettati per questo. Non crediamo più in ideali così profondi da potervisi identificare, lottare, vivere e morire.

Eppure le storie che sono state raccontate stasera sono di persone che hanno dato la vita per la libertà che hanno pagato a caro prezzo l’ideale di essere persone libere e come tali meritevoli di rispetto e dignità.

Ad un certo punto nella sala è calato il silenzio e sulle note di un meraviglioso violino sono state lette le lettere di alcuni dei partigiani ricoverati in quel nosocomio. Per il solo fatto di avere idee diverse sono stati trattati al pari degli altri come reclusi, reietti, emarginati fenomeni da baraccone.

Mi ha profondamente colpito il racconto di una partigiana, in particolare, che era stata internata con il pretesto della semi infermità mentale. Era giovanissima 24 anni quando è cominciato il suo calvario, lucidissima, perfettamente capace, eppure di fronte alle follie rinchiuse in quei luoghi ha temuto di non resistere e di impazzire.

Ascoltando mi sono convinta che in quei momenti siano state messe a nudo due realtà: una squisitamente ideale quasi mistica di coloro che hanno offerto la loro vita per la patria, l’altra speculare di coloro a cui era stato tolto il dono della coscienza e della conoscenza. Sembrano due mondi lontani eppure entrambi gridano lo stesso dolore: i pazzi, quelli che nessuno giustifica, quelli di quali nessuno è disposto a prendersi carico e gli emarginati a causa delle loro idee dei quali una società immatura non ha saputo darsi carico.

Credo sia doveroso un ringraziamento a quelli che hanno saputo raccontare e scoperchiare un angolo buio della nostra memoria e della nostra coscienza di italiani.

Uscendo dal nosocomio stasera mi sono lasciata alle spalle le gabbie alle finestre sulle note di una straziante “bella ciao”, ma non ho potuto lasciare lì i sentimenti e le agitazioni che le storie di questi “italiani” hanno saputo suscitare.

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