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La Napoli traballante che uccide

Sabato pomeriggio, un pezzo di cornicione cade dall’entrata di Galleria Umberto in Via Toledo e colpisce un giovane quattordicenne Salvatore Giordano, ferendolo a morte. Il ragazzo, che era lì a mangiare un gelato con un gruppo di amici, dopo aver visto i calcinacci cadere, ha messo in salvo i suoi compagni ed è rimasto tramortito dalle pietre che cadevano. E’stato colpito alla testa e al torace, presentando, al momento del trasporto in ospedale, un grave trauma cranico e uno schiacciamento polmonare. Salvatore è in coma profondo areflessico e nelle ultime ore potrebbe essere accertata la sua morte celebrale. Questa è un’altra storia che si aggiunge alla lunga lista di tragedie, avvenute o fortunatamente evitate, a causa di una negligenza inarrestabile. Ancora non si sa di chi sia la colpa del crollo di Galleria Umberto, la Procura sta continuando le indagini per accertare se la responsabilità fosse del condominio o del Comune. Quel che è certo, è che un povero ragazzino sta morendo a causa della non curanza di chi doveva controllare la sicurezza dell’edificio. Edificio da cui, ricordiamo, negli ultimi tempi sono crollati, in zone adiacenti all’incidente di sabato, altri cornicioni, e che per questo motivo in parte è ricoperto di reti contenitive.  Un testimone parla addirittura di altre cadute dallo stesso lato, che sarebbero state segnalate dai negozianti e dai condomini alle autorità competenti, senza ricevere alcun esito. Tutti si domandano per quale motivo nessuno è intervenuto prima. Ed è la stessa domanda che ci si è posti, quando un anno fa in Via Aniello Falcone, un albero instabile è caduto, uccidendo Cristina Alongi, pericolo che era stato più volte comunicato dai cittadini al Comune. O quando ci s’imbatte in una delle innumerevoli buche che ricoprono la città di Napoli, buche che hanno causato più di un incidente. Napoli è oggi una città pericolante, che traballa. Traballa dal punto di vista architettonico, basta passeggiare per le sue strade per rendersene conto. Moltissimi gli edifici storici che cadono a pezzi, il ponte di Via Chiaia ad esempio è ricoperto di reti di protezione, ormai da anni, senza che ancora si sia intervenuto per metterlo in sicurezza. I cittadini che passano da lì ogni giorno, sperano che qualora ci dovesse essere qualche caduta, quelle vecchie reti riescano a contenere i massi senza che nessuno si faccia del male. E sono tanti altri gli edifici, storici e non, sparsi per la città, che aspettano di essere sistemati da tempo. Sistemazione che servirebbe a evitare il ripetersi di ulteriori disgrazie, da non denominarsi fortuite, perché oggi facilmente prevedibili. Così come non è stata fortuita la sciagura avvenuta sabato, con una maggiore attenzione, la tragedia che si sta consumando in queste ore, si sarebbe potuta evitare. La Napoli di cui parliamo oggi, è una città cadente da qualsiasi lato la si osservi. A vacillare, infatti, è anche la sua amministrazione, che è inadempiente ai propri doveri, incurante dei pericoli, non ritenuti tali, finché questi non causano incidenti. “Prevenire è meglio che curare” è un pensiero che a quanto pare non è condiviso da chi gestisce l’amministrazione della città e da chi è chiamato a controllare la sicurezza dei suoi edifici. E’stata la mancata prevenzione, infatti, a causare la disgrazia di sabato e le tante altre che hanno afflitto i cittadini di Napoli. Dinanzi a quello che è accaduto al giovane Salvatore, ora non si deve fare retorica. Inutile dire, infatti, che una simile tragedia non debba ripetersi mai più. E’ importante, invece, sottolineare il modo di agire e di attuare che ha portato il verificarsi di una tale catastrofe, modo che, per il bene e l’incolumità di tutti, deve assolutamente cambiare.

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