Officina delle idee

LA SCUOLA DEL PD

Apprendo dai giornali che Renzi ha deciso di aprire una scuola di formazione politica centrale alla quale saranno invitati 300 giovani. Non si parla di criteri di scelta ma non ha importanza . Non si parla nemmeno delle linee di formazione e a tal proposito mi piacerebbe saperne di più.
Se a queste giovani speranze, dovesse essere proposta la linea nardelliana sulla insignificanza della distinzione destra-sinistra, si potrebbe tranquillamente parlare di corruzione di adolescenti..
Ho avuto la fortuna e l’onore di far parte del corso inaugurale della scuola di Frattocchie del PCI. Anzi, fui eletto segretario della cellula del corso e ciò significava che ero il responsabile politico del Corso. Esso era dedicato ai giovani quadri meridionali, ed il ” focus” del corso fu appunto la questione meridionale approfondita sul famoso testo di Gramsci, ma anche sugli scritti di Giustino Fortunato, di Salvemini, di Ruggero Grieco ed Emilio Sereni.

In esso, la “questione meridionale ” venne inquadrata come questione nazionale: senza il superamento delle differenze Nord – Sud l’Italia non sarà mai unita. Spero che il gruppo che sarà mandato alla nuova scuola, sia simile a quello cui presi parte: tre o quattro studenti universitari, altrettanti operai di fabbrica, un gruppo di braccianti lucani, pugliesi e calabresi, un giovane architetto ed un paio di avvocati freschi di laurea. Età media, 24 anni. Furono mesi di intenso studio, tesi a formare sia dirigenti di partito, che dirigenti di quelle che allora si chiamavano organizzazioni di massa: sindacati in primis, poi associazioni come quella dei contadini, l’Arci e così via.
Quella esperienza ha segnato profondamente la mia vita, anche perché fummo affidati a compagni prestigiosi e venivamo continuamente seguiti dal gruppo dirigente: Amendola, Terracini, Seren, gente così. Qualche amico ancora mi prende bonariamente in giro chiamandomi ” frattocchiano”. Io sono orgoglioso di esserlo stato. Spero che a questi giovani venga spiegato che l’economia non può funzionare senza politica, che le disparità sociali vanno combattute, che la solidarietà internazionale verso i popoli oppressi è un dovere per un partito riformista, che i diritti civili vanno tutelati, ma che i diritti sociali, la lotta alla ineguaglianza nella distribuzione del reddito e a alle divisioni territoriali, lo sono ancora di più. Spero venga spiegato loro che il dovere di un partito riformista, è quello di condurre alla politica le grandi masse e non solo le èlites sociali e culturali. Spero tanto che non si parli di “storytelling” e di “Disintermediazione”, e che se perfino all’Istituto di economia del MIT di Boston o al Fondo Monetario Internazionale ritengono che una abnorme distribuzione del reddito nazionale giustifichi ampiamente il successo di Rifkin,di Podemos e la necessità di una politica di sinistra, forse è il caso che se ne occupino anche le giovani speranze del PD, per diventare i quadri di un rinnovamento vero senza illusioni giacobine.

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