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LE RAGIONI DI MANCINI PER SCUOTERE IL VELO DI OMERTA’

 

Il mirato e calcolato attacco, con conseguente polemica da social, costruito attorno alla infelice invettiva di Sarri contro Mancini ha sollevato alcune perplessità, in una nicchia di persone che sguazzano con piacere nella diversità.

I punti di riflessione che emergono si possono sintetizzare in tre sconcertanti costatazioni.

L’espressione usata dal tecnico del Napoli, sebbene priva di valore dispregiativo e cannoneggiata senza riflessione alcuna in un momento di enfasi agonistica da delusione e mal tolto, indica una situazione reale. Purtroppo si deve riflettere sul fatto che la persistente presenza di pochezza e incapacità di comprendere la diversità è ben salda, con forti radici in un passato di ignoranza e paura per tutto ciò che si palesa diverso.

Purtroppo Sarri ha mostrato di avere impressi i segni di tale passato, che, solo nel suo caso specifico, si evince chiaramente essere unicamente un’espressione infelice di rabbia catapultata fuori senza riflettere.

Il suo avversario, l’indignato Mancini, il personaggio che si erge a paladino degli offesi, pone l’accento su un altro aspetto interessante, nel contempo triste.

Al tecnico Mancini va espressa grande lode, ha mostrato con i fatti di voler rompere quel velo di omertà che avvolge l’imperante torbido dell’agonizzante sport.

Come eminenti professori del calcio hanno fatto notare, da oggi, e sulla scorta dell’esempio dato dal tecnico dell’Inter, non sarà più tollerato alcun silenzio, finalmente i fatti ed i meccanismi, ben più gravi della presunta offesa pronunciata da Sarri, saranno portati alla luce. Il gesto del sig. Roberto Mancini ha ancora più valore perché è compiuto da un personaggio intriso di trascorsi a dir poco turbolenti, ben radicato nei meccanismi del sistema. L’allenatore della formazione milanese compie il suo atto di giusta ribellione carico d’ardore e pronto ad affrontare anche chi lo indica come un fanciullino, che corre a dire tutto alla maestra, perché incapace di gestire da solo una cosa che restando tra fanciulli verrebbe risolta dandole giusto peso e valore.

Sarà solo grazie all’esempio fornito dal sig. Mancini che in quei luoghi, dove di sport è rimasto ben poco, dove si giustificano nefandezze d’ogni genere, gesti inqualificabili che offendono non solo lo sport ma anche taluni valori fondamentali dell’uomo, verrà fatta chiarezza.

Campi, Spalti, spogliatoi, soprattutto stanze di palazzi e palezzetti, come pagine, prime pagine e trafiletti, non saranno più luoghi dove vengono giustificati, tollerati, troppe volte osannati sputi, cattiveria, atti e azioni che nulla hanno a che vedere con tecnica e agonismo. Senza dimenticare imbrogli, compravendita di gare, aggressioni verbali e fisiche agli arbitri, ancora, individui che senza remora alcuna mostrano il loro radicato razzismo, omofobia, terrore e disprezzo per la diversità quanto per quei meravigliosi valori che lo sport saprebbe insegnare, mentre vengono eletti in cariche rappresentative.

Se si tenta, poi, una più attenta analisi pronta a coinvolgere, come si è visto fare da più parti, l’aspetto sociale, non ci si può esimere dal porsi una domanda.

In un quadro di civiltà e sviluppo interiore quanto sociale, per quale motivo enfatizzo indignazione, sentimento d’offesa per qualcosa che in se non dovrebbe contenere nulla di offensivo?

Etimologie, significati forzati e intenzioni di comodo rendono le parole ricche di contenuti che in realtà non hanno. Quindi, sembra proprio che chi mostra d’essere offeso in realtà potrebbe essere molto più razzista, omofobo, incapace di comprendere la diversità o in calcolata malafede di quanto non lo sia colui che evidenzia tutta la debolezza di quel processo d’offuscamento cognitivo che si verifica in talune situazioni, attraverso l’estrinsecazione di getto di un’espressione gretta, ignorante, certamente infelice.

Una tale azione, molto spesso, non qualifica i valori cardine di un soggetto agente ma solo la sua mancanza di conoscenza ed incapacità di discernimento, che fanno assimilare perniciose consuetudini senza che se ne capisca il reale e profondo significato.

Cosa questa che appare, e si spera, appartenga a Mauzio Sarri.

Per quanto riguarda, poi, squalifiche, giudizi, accuse, organi istituzionali e sportivi, giudici, giudicatori e giurie, sembra proprio che il sig. Mancini non sia riuscito ancora a trasmettere quel senso d’esempio giusto e valoroso capace di riportare lo sport a ciò per cui esiste.

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