Economia e Welfare

Marciano: «Abbiamo perso la partita dei fondi europei e rischiamo l’ipoteca sulla prossima»

«Un cittadino italiano, in qualsiasi momento e da qualsiasi posto, può sapere lo stato dei progetti finanziati e come sta procedendo il programma operativo». La tracciabilità dei fondi europei, in effetti, è a portata di click ma, nonostante questo, si susseguono annunci e proclami sugli impegni di spesa e sull’utilizzo degli stessi. Il progetto che fa capo al Ministero per la Coesione Territoriale si chiama Open Coesione, grazie al quale si può accedere a grafici e tabelle con l’andamento della spesa certificata delle regioni italiane.

«Stando ai dati aggiornati il 31 ottobre, dell’FSE (fondo sociale europeo), la Regione Campania ha certificato spesa per poco più di 500 milioni di euro su un totale di 788 milioni. Ci sarebbe quasi da essere contenti se non fosse che il programma iniziale aveva una dotazione che superava 1 miliardo e 100 milioni. Stiamo al 77% di spesa rispetto al programma già ridotto e dobbiamo ancora spendere, per non perderli, oltre 250 milioni. Una cifra considerevole da spendere in un solo anno. Pensare che abbiamo impiegato sei per spenderne il doppio, in media tre anni per spendere quella cifra».

Con Antonio Marciano, consigliere regionale del PD, parliamo di fondi europei, promesse mancate e ‘provvedimenti sospesi’. «Le 1500 delibere – stando alle parole del consigliere Dem – che bloccarono al luglio 2010 appena si insediarono, utilizzando una formula che dal punto di vista dell’amministrazione non so cosa significa. Al più potevano sospenderle in autotutela».

Si spieghi meglio.

«In quelle delibere c’era di tutto. Come la realizzazione della stazione di Striano est, ultimo anello della Roma-Napoli-Salerno dell’alta velocità-alta capacità. Progetto esecutivo e cantierabile, progettazione internazionale affidata, ma l’hanno definanziata perché secondo Vetrella non era strategico. Se non è strategica l’alta velocità non so cosa sia strategico in Campania sul piano dei trasporti. Hanno bloccato la realizzazione del primo impianto della logistica sulla raccolta, il trattamento e la vendita dei fiori. Pensare che, dopo la Liguria, siamo la regione che produce maggiore quantità di fiori che vengono esportati in giro per l’Europa e il mondo. Ovviamente i produttori campani lamentano l’assenza di una piattaforma logistica che raccolga e metta al sistema questa forza e la rende più competitiva nei mercati internazionali. Doveva sorgere a Marigliano, c’erano tutte le autorizzazioni e concessioni, la concertazione con le parti sindacali e le imprese del settore, ma l’hanno tolta da mezzo».

Con i fondi FESR, in effetti, la situazione non va molto meglio. Se da un lato è vero che il governo Caldoro ha raggiunto un risultato soddisfacente, nell’ultimo periodo, rispetto al target europeo, dall’altro c’è da specificare che la dotazione iniziale di quasi 7 miliardi è stata ridotta a 4 miliardi e mezzo. Di questo nuovo ammontare, è stata certificata la spesa per circa 1 miliardo e 800 milioni, ovvero il 38% di un totale di gran lunga più basso rispetto a quello di partenza del 2007.

«La situazione è peggiore con i FESR perché entro il 31 dicembre 2015 ci restano da spendere quasi 3 miliardi e mezzo di euro. Quando parliamo di spesa certificata, c’è da chiarire che non si tratta del bando di gara ma, volendolo immaginare, è la firma dell’assegno a lavori conclusi. L’Europa vuole sapere se questi soldi sono stati dati alle imprese che hanno lavorato, altrimenti queste risorse vanno in disimpegno».

L’opposizione, però, è stato spesso silente su quanto mi sta dicendo.

«Si sbaglia. Il punto di critica che abbiamo sempre rivolto a Caldoro, con la richiesta di consigli monotematici sulla programmazione dei fondi, è stata proprio la partita dei finanziamenti strutturali. In una fase di crisi e recessione, avere risorse in cassa e non spenderle nel modo giusto e nei tempi giusti significa caricarsi di una responsabilità davvero devastante per le condizioni di migliaia di famiglie e verso il sistema produttivo ed economico delle imprese. Già due anni fa, proprio in consiglio regionale, suggerimmo di non mettere, come è stato fatto, il 60% di risorse su grandi progetti che non si realizzano in questa programmazione e non si realizzeranno mai».

Vuol dire che circa 3 miliardi sono sui grandi progetti?

«Si, tra i quali ci sono progetti imponenti come il porto di Napoli per il quale si sono stanziati più di 250 milioni di euro. Dopo tantissimi annunci del Governatore e della sua giunta, oggi non abbiamo aggiunto un mattoncino nel porto e non siamo intervenuti in nessuna opera fondamentale per lo scalo partenopeo che, da grande scalo d’Europa e del Mediterraneo, è diventato scalo regionale. Inoltre, l’altra conseguenza è che non solo non spenderemo adesso queste risorse, ma stanno trattando con Bruxelles la possibilità di metterle a carico della prossima programmazione 2014-2020. I soldi non spesi impegneranno ed ipotecheranno già altrettante risorse per i prossimi 7 anni».

Ad inizio anno è stato firmato il decreto per l’accelerazione della spesa. I Comuni hanno iniziato una corsa affannosa alla ricerca dei finanziamenti dei progetti e del placet del governo regionale. «La nostra sensazione, incrociando alcuni dati che abbiamo e parlando con i nostri amministratori, è che prevalga il meccanismo della trattativa “one to one”: ovvero una lunga processione di sindaci che devono andare da Caldoro che, in prossimità della campagna elettorale, ha il potere di finanziare o meno il progetto. Spesso sono progetti che rispondono solo alla logica elettorale da seguire per quel Comune».

Cosa avrebbe proposto per utilizzare i fondi?

«Di certo non i grandi progetti poiché non si riusciranno a spendere. Puntare su alcune grandi linee di spesa come l’efficientamento e il risparmio energetico per le nostre città e le nostre imprese. Le infrastrutture primarie laddove abbiamo ancora tanti comuni che sono in affanno sulla situazione delle strade, dei sistemi fognari ed idraulici, l’accesso e la riqualificazione dei centri storici o la messa in sicurezza degli edifici scolastici che avevamo proposto prima ancora che il governo Renzi l’acquisisse come priorità nazionale. O ancora il credito di imposta alle piccole e medie imprese. Insomma avevamo individuato un pacchetto di iniziative immediatamente esecutive e cantierabili che avrebbero avuto l’effetto di mettere un po’ in moto l’economia regionale, di immettere liquidità nelle casse di imprese regionali e di aiutare uno dei settori dell’impresa campana particolarmente in difficoltà come l’impresa edile, bloccata sia sul versante dell’edilizia pubblica e privata, dei piani della rigenerazione urbana, sia sul terreno delle grandi realizzazioni».

Del parco progetti della Regione Campania, 3.000 esecutivi e cantierabili, che aveva attinto dal sistema delle città, delle università e dal mondo imprenditoriale, oggi, con l’accelerazione della spesa, c’è il recupero di una parte di quei progetti. «Mi risulta che l’assessore Giancane ha detto che abbiamo già raggiunto i tetti di spesa e quindi fino al 30 gennaio non si può spendere un euro. Passiamo dall’annuncio di Caldoro dei 1.000 cantieri all’impossibilità di spendere».

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