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Molotov contro i profughi: vietato chiudere gli occhi

L’attentato molotov alla casa di accoglienza per profughi di Mercogliano, in Irpinia, probabilmente si rivelerà un episodio isolato, il prodotto di una bravata in una serata di festa da parte di qualche sconsiderato. Quella bottiglia di plastica con benzina, lanciata da una moto in corsa nella notte tra sabato e domenica contro il civico 53 di via Fontana San Nicola dove da circa due mesi sono ospitati immigrati gambiani, stride troppo con la diffusa cultura dell’ospitalità che da sempre contraddistingue la provincia di Avellino e per questo risulta difficile pensare che possa avere una chiara regia razzista.

L’Irpinia ha sperimentato sulla propria pelle il valore della solidarietà che si tenta sotto varie forme di restituire, non solo nell’accoglienza dei profughi africani. Qui i sentimenti xenofobi non hanno mai attecchito veramente – o forse si è preferito non notarli e non dare troppo spazio alle uscite scomposte di alcuni movimenti estremisti – però metabolizzato lo stupore iniziale, bisogna prendere atto che l’episodio di Mercogliano c’è stato, non può essere sottovalutato e necessita di una risposta decisa da parte delle istituzioni e della politica locale. Quella molotov rudimentale poteva essere lanciata contro una qualsiasi abitazione irpina, ma nella scelta del civico 53 c’è la precisa volontà di colpire chi rappresenta l’anello debole della catena. Liberare i richiedenti asilo dallo status di deboli e ultimi è il compito di politica, istituzioni, soggetti tutti impegnati nel sociale. Lo si può fare non limitandosi all’accoglienza cioè alla ricezione degli immigrati, ma compiendo il passo successivo: quello dell’integrazione. Che significa dare piena dignità e opportunità a chi ora appare un soggetto “incompleto”, in cerca di nuova definizione, arrivare a una fusione tra culture che non annulla le differenze, ma le amalgama esaltando capacità e attitudini. Da mesi invece è in corso una campagna di disinformazione che dipinge i profughi delle carrette del mare africane come un peso per l’economia italiana già in affanno, piuttosto che come potenziali risorse. Quella dei 40 euro al giorno che i Comuni pagano agli immigrati è una falsa notizia che trova terreno fertile in un contesto sociale fatto di esasperazione, fatica ad arrivare a fine mese e diffidenza nei confronti della politica, sia essa di stanza a Roma o a Bruxelles. Troppi ad esempio ignorano l’esistenza di un vero e proprio business delle cooperative sociali che gestiscono l’accoglienza sui territori: è ad esse che vengono versati i 40 euro in cambio di fornitura di vitto e alloggio, spesso senza adeguata trasparenza, con la possibilità di agganciare facili guadagni (come ha evidenziato un articolo di Matteo Pandini su Libero) ed esporre le cooperative stesse allo sguardo interessato della criminalità organizzata.

Fermarsi ad accogliere anziché integrare può far comodo a troppi. “L’accoglienza degli immigrati, in Campania come in Irpinia – ha ricordato l’ufficio immigrati della Cgil irpina e campana – costituisce un affare non trascurabile, che magari stuzzica anche gli appetiti della criminalità organizzata, da sempre contigua ai flussi e alle dinamiche migratorie verso il nostro Paese”.

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