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Paolo Soccio: «Quando ho visto quell’uomo sanguinare ho pensato a mio padre»

La manifestazione del 25 ottobre prima, e gli scontri tra i poliziotti e gli operai delle acciaierie di Terni dopo, continuano a causare piccole scosse di terremoto all’interno del PD. Dopo le dimissioni di Marco Sarracino, segretario provinciale di Napoli dei GD, è la volta delle dimissioni di Paolo Socci, segretario da ben sette anni (dalla nascita del Partito) del PD di San Marco in Lamis (FG) che affida le motivazioni della sofferta decisione alle parole di una accorata lettera che di seguito pubblichiamo.

«Carissime e carissimi compagni, vi scrivo questa lettera per comunicarvi la mia decisione irrevocabile di dimettermi dal ruolo di segretario del circolo PD “Donatello Compagnone” di San Marco in Lamis, ruolo che svolgo ormai da sette anni, ovvero dalla nascita del Partito democratico. Mi sono sempre sentito onorato di aver contribuito a fondare e a far crescere questo nostro partito, ho sempre fatto il mio dovere da dirigente, militante ed elettore, dando il mio contributo, piccolo o grande che sia stato, per il bene del Partito e dell’Italia, sacrificando il mio tempo, i miei affetti, le mie capacità intellettuali, organizzative e i miei soldi. Questo l’ho fatto con grande convinzione e abnegazione, almeno fino ad un anno e mezzo fa, quando, all’esito della consultazione elettorale nazionale, i nostri dirigenti nazionali hanno deciso di formare un governo con la destra berlusconiana. Da allora qualcosa ha iniziato ad incrinarsi dentro di me. Senza soffermarmi sui famosi 101 che affossarono la possibile presidenza Prodi, vorrei solo farvi riflettere sul fatto che del progetto che avevamo costruito con “Italia Bene Comune” e di quanto noi tutti abbiamo dichiarato ai nostri elettori oggi non c’è più alcuna traccia. Non citerò tutto quello che è successo in questi mesi, neanche parlerò del nostro congresso, non dirò quel che penso di questo governo, vi comunico soltanto che io mi sento tradito come elettore, come iscritto e come dirigente. E se un rappresentante non riesce più a difendere l’operato del proprio partito, del proprio governo, allora non può più essere tale.

Il mio malessere interiore perdura da tempo, più volte sono stato lì per lì per rassegnare le dimissioni da segretario di circolo, ho resistito, ho provato resistere, anche per la stima e l’affetto che provo per i miei compagni di circolo, ma dopo gli ultimi fatti nazionali accaduti nei giorni scorsi, dopo le dure ed insulse parole del Presidente/Segretario contro il sindacato e la minoranza interna del partito, francamente non ne ho potuto più. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso sono state le immagini che ho visto stamane al telegiornale. Quando ho visto gli operai colpiti dalle manganellate mi è venuto istantaneamente un’associazione di pensiero: ho pensato a mio padre. Ho pensato agli scioperi, alle lotte, ai sacrifici che per una vita ha fatto insieme agli altri compagni per la difesa del lavoro e dei diritti dei lavoratori. Se mio padre fosse ancora vivo sono certo che sabato scorso sarebbe stato a Roma a manifestare con il Popolo dei Lavoratori.

Perciò, quando ho visto quell’operaio ferito ho pensato a cosa avrei pensato e detto se quell’uomo sanguinante fosse stato mio padre. Non conosco il nome di quell’operaio, so solo che quell’uomo è un lavoratore, mio padre era un lavoratore e anch’io io sono un lavoratore, un lavoratore della conoscenza. Ricordo che circa trent’anni fa quando chiesi a mio padre che cosa significava quella sigla di partito, che cosa indicavano quei simboli, lui mi rispose molto semplicemente: “È il Partito dei Lavoratori”. Ritengo pertanto, cari compagni e compagne, questi attacchi al Popolo dei Lavoratori, verbali e fisici, inaccettabili, inqualificabili ed ingiustificabili. Non me la sento più di rappresentare questo Partito in un ruolo così impegnativo. Non me la sento più di giustificare parole ed atti “targati PD” che non appartengono alla mia cultura politica, alla storia da cui provengo e alla mia dignità di uomo e lavoratore. Continuerò ad essere un militante, cercando di cambiare il partito dal suo interno, finché ciò sarà possibile o mi sarà concesso, come continuerò ad impegnarmi alacremente per la mia città. In segno di protesta per quanto accaduto mi propongo di astenermi dal partecipare attivamente alle prossime primarie regionali. Vi chiedo scusa, a tutti. C’è un tempo per ogni cosa e il mio tempo da segretario di circolo è terminato.

Un fraterno saluto,

Paolo Soccio»

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