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Recovery Fund, l’arringa finale di Conte: «Non umiliateci, lo dobbiamo ai morti del Covid»

La curva più difficile è stata l’ultima. Quella che poteva far finire il negoziato fuori strada, far scivolare l’Europa intera verso quella «crisi sistemica» di cui poche ore prima aveva parlato con un sorriso inquietante il presidente francese Emmanuel Macron.

Sono le undici di un lunedì sera non proprio qualunque qui a Bruxelles. L’accordo sul piano europeo di aiuti sembra in dirittura d’arrivo. Sembra. Perché è una parolina di dieci lettere a riaccendere la luce rossa.

Il premier olandese Mark Rutte, e con lui tutto il fronte dei Paesi frugali, si impunta su quel decisively, termine dal significato ambiguo: vuol dire «in modo deciso» ma anche «in modo finale». E legarlo alla decisione del Consiglio Europeo, dove siedono i capi di governo e dove si decide all’unanimità, restituirebbe a ogni singolo Paese, ma in sostanza all’Olanda, il famoso diritto di veto sui fondi. Il presidente francese Macron perde il sorriso e pure la pazienza: sbatte i pugni sul tavolo e se la prende con un altro leader dei Paesi frugali, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz. Non è il primo scontro ma stavolta è peggio.

La presidente della commissione europea Ursula von der Leyen invita i tecnici a lasciare la sala. Il problema è politico, ma soprattutto grave. Sembra che stia crollando tutto. «Non potete fare questo giochino che prima ci date i soldi e poi ci torcete il braccio. Non ci potete umiliare, in Italia ci torniamo in piedi», dice il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

E poi aggiunge — con un colpo basso ma che forse tocca le corde giuste —: «Questa cosa la dobbiamo fare anche per tutte le persone che per il Covid sono morte». Lo appoggiano il presidente del Consiglio europeo, il belga Charles Michel, il premier spagnolo e quello portoghese, lo stesso Macron. La sua linea fa breccia. Non solo per la capacità negoziale della delegazione italiana, di sicuro non per un improvviso attacco di generosità dell’Olanda. Ma per il grande non detto di questo vertice infinito: lasciare indietro i Paesi più colpiti dal Covid finirebbe per trascinare in giù tutti quanti, anche i Paesi più forti. La crisi sistemica dietro il sorriso di Emmanuel Macron.

Quella parola, decisively, bollata dalla nostra delegazione come una «patacca», alla fine vene tolta. E ormai è troppo tardi per tornare indietro sulla cifra complessiva degli aiuti, 750 miliardi di euro di cui oltre 200 all’Italia. Quel capitolo è stato già chiuso.

In realtà l’Italia era disposta a chiudere anche a 700 ma è stato Conte a insistere: «Abbiamo chiesto una valutazione tecnica, ci è stata indicata una cifra. Che senso ha metterne un’altra?».

Resta il fatto che l’Italia, grazie a quei 38 miliardi in più, vede allontanarsi Il Mes, che guarda caso vale più o meno la stessa cifra. Ma che è politicamente divisivo perché non piace al Movimento 5 Stelle e fa traballare il governo. In questo piano d’aiuti ci sono già prestiti per 127 miliardi di euro. Forse non arriveremo nemmeno a usarli tutti. Per questo motivo secondo Conte sarebbe «irrealistico e inopportuno» aggiungere anche il Mes. Sul tema ci sono stati già contatti con il Pd, che al Mes è sempre stato favorevole. L’intesa sarebbe quella di non andare allo scontro e lasciare che la polemica si spenga. Salvo sorprese. Questo non vuol dire che non ci siano problemi all’orizzonte.

Chi deciderà come e quando utilizzare i fondi? Il responsabile degli Esteri Luigi Di Maio vorrebbe un gruppo di lavoro che coinvolga tutti i ministeri. Conte ne parlerà con la maggioranza ma preferisce una task force a Palazzo Chigi. Il decisively, stavolta, lo vuole per sé. Ma sa anche che la maniera migliore per non cadere in bicicletta quando tira vento, è continuare a pedalare. Per questo immagina un agosto di lavoro serrato per il governo.

La priorità numero uno resta la riapertura delle scuole in sicurezza a settembre, sulla quale in realtà siamo già in ritardo. Poi c’è la riforma della giustizia civile, suo vecchio pallino da avvocato, ma anche uno dei compiti a casa che da sempre ci chiede Bruxelles. E a seguire il cashback, gli sconti sull’Iva per chi paga con carta di credito o bancomat, da introdurre per combattere l’evasione fiscale.

«Sono orgoglioso di questo risultato, sono orgoglioso di essere italiano», dice prima di salire sull’aereo per Roma, dove andrà subito al Quirinale dal Capo dello Stato Sergio Mattarella. Qualche ora più tardi gli arriverà anche la telefonata di Beppe Grillo, che proprio oggi compie gli anni. E per tutto il giorno piovono complimenti da quasi tutti i partiti.

Non si è mai sentito così forte, Conte. Ma sa anche che proprio quando uno crede di essere forte, il rischio di cadere può essere dietro l’angolo.

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