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REGIONALI, IL PD E IL TRIONFO DEGLI ELETTORALI PERSONALI

Sono contento per la vittoria di De Luca ma desidero fare qualche riflessione pacata, sine ira ac studio, sui risultati che riguardano il PD e le prospettive future. Non voglio polemizzare con i giovani virgulti che parlano di vittoria senza individuarne gli elementi di crisi.
Prima osservazione: l’astensione. Il PD può ignorare questo dato? Può rinunciare ad indagarne le componenti? È del tutto ovvio che l’astensione, al di là della quota fisiologica, ha riguardato in maggioranza l’elettorato PD. La mia estesa famiglia, tanto per fare un piccolo esempio, ha sempre votato a sinistra (fra fratelli, figli, cugini, nipoti, figli di nipoti, amici ecc circa 300 persone). Questa volta i voti al PD sono stati pochissimi, più per rispetto personale nei miei confronti che per convinzione. L’astensione massiccia perché il “cuore non glielo diceva” di votare altrove.

D’altra parte è ovvio. Se il segretario/presidente, poco prima delle elezioni, attacca proditoriamente la sua base elettorale, cosa si aspettava? Il mondo della scuola viene presentato come un universo di fannulloni con tre mesi di ferie e senza voglia dii farsi giudicare, i pensionati come quelli che rubano il futuro ai giovani, i lavoratori come dei residui del’900 che si ostinano a pretendere diritti che piuttosto che allargarli a chi non li ha vengono tolti a tutti, quando, caso unico nella storia di un partito che vuole essere laburista, si attacca il sindacato come principio, cosa si pretende? Il risultato era scritto in queste premesse.

Chi sono i consiglieri di Renzi? Lo ha capito che la squadra va cambiata? Paradossalmente, Renzi deve ringraziare quelli come me, ex-rottamandi, che abituati a ragionare politicamente sanno che al momento dello scontro si sta col proprio partito al di là delle ragioni di dissenso che permangono. Di fronte all’orgogliosa rivendicazione del 40% ho più volte fatto notare che esso comprendeva anche il voto di quelli come me, che sono rimasti.
Per restare alla Campania occorre fare attenzione ad alcuni elementi di crisi:
a) A Napoli città Caldoro ha preso più voti di De Luca. La situazione è stata salvata dalle ex tradizionali periferie rosse: Ponticelli, Barra, San Giovanni, Bagnoli. Nel centro storico le nostre percentuali sono misere (15/17%) e sono basse proprio nelle situazioni di disagio (Quartieri spagnoli ad esempio); b) Gli stessi risultati elettorali parlano di una sconfitta del partito come organizzazione e del trionfo degli elettorati personali. Sintomatiche le preferenze: i primi quattro comprendono due nomi che hanno poco a che fare con la struttura del PD e molto con un certo tipo di gestione del consenso. Non c’entrano i capi bastone e non mi va questa categoria. C’entra molto un rapporto con l’elettorato personale che si svolge al di fuori del Partito. Ovviamente, ad evitare strumentalizzazioni, la cosa non riguarda la correttezza personale degli interessati ma il modo “impolitico” di gestione del rapporto con i cittadini. Emblematico è il caso delle due “figlie di”, entrambe eredi del patrimonio di voti di papà. Tuttavia, mentre Enza Amato aveva maturato qualche esperienza nel partito, la signorina Fiola, fino al giorno prima della presentazione delle liste, era una perfetta sconosciuta e poiché non si è distinta nella campagna elettorale è ovvio che alla sua elezione hanno contribuito più le relazioni di papà che le sue doti politiche tutte da dimostrare. Ancora una volta, per chiarezza, queste sono riflessioni politiche che non attengono alla correttezza e alla moralità delle interessate che per me è fuori discussione.

Questi fenomeni sono il segnale che, in Campania, il PD sta diventando quello che non doveva essere: una galassia di comitati elettorali personali che certamente non possono essere il veicolo del rinnovamento L’attuale insipiente direzione regionale e provinciale è funzionale a questo risultato. Meno male che c’è De Luca ma anche lui con la funzione politica del PD ha poco a che vedere. È il tempo di rimettere le carte in tavola per una profonda riflessione sul ruolo e la forma del Partito altrimenti alle prossime amministrative replicheremo la débacle già realizzata in questo turno di comunali; ma, sopratutto, perché con questo schema di azione avremo molta difficoltà nel rapporto con le nuove generazione che ragionando in termini di futuro sono quelle che contano, in assoluto, e che non possiamo lasciare alla demagogia dei grillini, chiusi nella loro granitica certezza che li rende politicamente sterili.

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