Cultura

RENATO DE FALCO, LA CASSAZIONE DEL DIALETTO CI HA LASCIATO

L’avvocato Renato De Falco, per anni pontefice massimo degli studi sul dialetto napoletano, ci ha lasciato. Vogliamo ricordarlo proponendo ai lettori il capitolo a lui dedicato del mio libro: Il salotto di donna Elvira, consultabile in rete.

Una delle riunioni più divertenti nel salotto letterario di mia moglie Elvira fu quella con Renato De Falco, nato nel 1928, avvocato, scrittore, giornalista, autore teatrale, filologo e massimo esperto nel mondo di vernacolo partenopeo, vera e propria lingua, non semplice dialetto, con un vocabolario ricchissimo, una grammatica complessa ed una quantità di parole onomatopeiche.

Medaglia d’oro al merito forense, da oltre 40 anni De Falco è un puntiglioso ricercatore delle peculiarità del napoletano attraverso indagini storiche e glottologiche, che hanno dato vita a numerose pubblicazioni destinatarie di numerosi premi e riconoscimenti in Italia e all’estero, oltre ad essere state argomento di conversazione nel corso di una rubrica televisiva, da lui condotta per 15 anni, con alti indici di ascolto e di gradimento.

De Falco ha sempre messo in risalto che una specifica peculiarità del napoletano è da ravvisarsi, in maniera primaria anche se non eclatante, in alcune prerogative morfologiche e fonetiche tutte sue proprie.

La sua opera più importante è Alfabeto Napoletano, edito in tre volumi da Colonnese, che comprende la storia di oltre 1500 parole da “abbaia” a “zumpà”, di cui illustra dettagliatamente i significati, puntualizzando le spesso complesse etimologie, riportandone le presenze nei classici della letteratura, della poesia e della produzione musicale. Specifici i riferimenti a peculiarità del parlare napoletano, alle cento e più parti del corpo umano, ai 62 sinonimi di denaro, alle 85 specie di percosse manuali, ai vocaboli pervenutici dalle varie lingue dei tanti dominatori che si sono alternati a Napoli, dagli Spagnoli ai Francesi, ai giochi dell’infanzia e ad altre curiosità dialettali, il tutto corredato da richiami a proverbi, adagi e locuzioni idiomatiche.

Alfabeto napoletano è un lavoro fondamentale, fondato su un’ampia documentazione ed una profonda conoscenza dei classici della letteratura dialettale. E’ un contributo allo studio ed alla sopravvivenza, non solo della lingua di Napoli ma anche della cultura di cui essa è viva voce, che si legge come un romanzo storico, scritto con la prosa di un gentiluomo  classico del primo Novecento, con le squisitezze linguistiche di un Gino Doria o di un Amedeo Maiuri.

De Falco si pone alla pari di famosi glottologi del passato, dall’Abate Galiani all’esimio Basilio Puoti, maestro di Francesco De Sanctis, muovendosi con eguale abilità tra scritti classici e lingua parlata.

Riportiamo la motivazione del Premio “I migliori dell’anno” ad Alfabeto Napoletano nel 1987 in Svizzera: “…basato su una rigorosa dottrina scientifica che fa conoscere da un punto di vista inconsueto tutta la vivacità di una lingua, ma anche la cultura di un popolo di cui essa è viva espressione, animo e sentimento”.

Altro libro sfizioso di De Falco, che costituì il principale argomento di conversazione nel salotto, è La donna nei detti napoletani, raccolta di 600 proverbi su mogli, madri, sante, sorelle e suocere, assurti a dignità letteraria nel Seicento, che affrontano tutta l’inesauribile gamma della commedia umana in relazione al pianeta femminile: i piaceri e, soprattutto. i dolori della vita coniugale, le tentazioni ed i desideri della carne, il codice morale  della donna esemplare, la sconvenienza della donna disonesta, il fardello non sempre felice della procreazione ed anche se il ruolo assegnato alla donna può contrastare con la sensibilità contemporanea, l’icastica potenza di certe immagini ed il linguaggio pittoresco e colorito garantiscono una lettura sapida e divertente, di una comicità irresistibile.

Prima di concludere, mi preme raccontare due episodi: quando, con De Falco,  assistemmo ai Monologhi della vagina recitati al Teatro Diana da Marina Confalone, che snocciolò una serie infinita di sinonimi in vernacolo della vulva, da “fessa” a“pucchiacca” e quando in occasione di una sua conferenza al Circolo Posillipo, De Falco si trovò a discutere indifferentemente di “paposcia” e “guallera”ed io, forte delle mie cognizioni anatomiche, tenni a precisare la differenza tra il primo termine che indica l’ernia inguinale mentre il secondo è sinonimo di varicocele, aggiungendo alcune dizioni sconosciute al mio dotto interlocutore: “guallera a tracolla” e “guallera ‘a pizzaiola”.

Potrebbe piacerti...