Economia e Welfare

Rifiuti e Fondi Ue, Cozzolino contro Caldoro. Maisto: «Paghi chi non ha programmato»

La Campania vede sfumare altri 18,5 milioni di euro di fondi di coesione destinati alla gestione dei rifiuti. La Corte di Giustizia europea si è pronunciata ieri sul ricorso presentato dall’Italia contro la decisione della Commissione Europea di tagliare i contributi finanziari del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) per le inadempienze in materia di smaltimento rifiuti e tutela dell’ambiente. Il nostro Paese si era appellato ai giudici europei ritenendo che il provvedimento della Commissione sarebbe stato giustificabile solo se l’oggetto specifico del procedimento di infrazione fosse coinciso perfettamente con quello delle richieste di finanziamento.

Per capire meglio la vicenda bisogna ritornare all’anno 2000 quando la Commissione approvò il Programma Operativo Campania relativo alle spese effettuate fra il 5 ottobre 1999 e il 31 dicembre 2008. Per le azioni regionali volte a migliorare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, al nostro Paese l’Europa destinò un cofinanziamento pari a oltre 46 milioni di euro. Nel 2007 però la Commissione avviò la procedura di messa in mora dell’Italia a causa dei ritardi campani sulla creazione di un rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento. Tre anni dopo fu la Corte di Giustizia europea a confermare che l’Italia aveva violato le direttiva sui rifiuti chiedendole di escludere le spese sostenute per quella misura del Programma operativo dai pagamenti spettanti nell’ambito del Fesr, a meno che lo Stato non rimediasse alla situazione. Di qui il ricorso italiano e la sentenza della Corte secondo cui l’Europa può rifiutare i pagamenti intermedi del Fesr dato che l’oggetto del procedimento d’infrazione in corso è direttamente collegato alla “misura” cui si riferiscono le operazioni oggetto del finanziamento.

«Paghi chi non ha programmato, chi ha commesso l’infrazione. Paghino, dunque, i Bassolino, le Iervolino, gli uomini che hanno rappresentato negli anni addietro le istituzioni di quella stagione, e non i cittadini». E’ il commento del presidente del gruppo “Caldoro Presidente” in Consiglio regionale della Campania, Giuseppe Maisto: «Ci spiace personalizzare, ma la verità deve venire a galla: non si programmava e si spendeva male, e lo dice l’Europa. Ecco perché questa maggioranza, questo Consiglio regionale ha il grande merito di aver programmato e pianificato: se i signori delle ecoballe lo avessero fatto prima, oggi non ci avrebbero inflitto questa pesantissima multa». «Dal 2010 la Regione Campania, guidata da Stefano Caldoro, ha fatto tutto quello che, per legge, doveva fare – gli fa eco l’assessore all’Ambiente Giovanni Romano – Lo conferma, paradossalmente, proprio la sentenza della Corte di giustizia di Bruxelles che inchioda impietosamente alle proprie responsabilità chi ci ha preceduto e oggi cerca di speculare per esigenze elettorali e per nascondere le colpe. Infatti il procedimento si riferisce al periodo di programmazione 2000-2006».

Non ci sta a subire le accuse l’eurodeputato del Partito Democratico Andrea Cozzolino che parla di immobilismo di Caldoro: «Ha prodotto l’ennesimo danno alle economie della nostra regione. Un danno che, a caduta, rischia di ripercuotersi sulle tasche di quei Comuni virtuosi che avevano attivato progetti di raccolta differenziata – scrive l’ex assessore della giunta Bassolino – Con l’Obiettivo 1.1 del Por Fesr Campania – quello a rischio di blocco dei pagamenti – si stanno realizzando progetti per la raccolta differenziata attuati da Comuni di piccole e medie dimensioni. Oltre al danno – essere stati incapaci di realizzare un piano che garantisse l’uscita dall’emergenza e che scongiurasse la sentenza – la giunta Caldoro rischia di produrre la beffa, scaricando la propria inefficienza sulle tante amministrazioni locali che in questi anni sono state intente ad attivare cicli virtuosi dei rifiuti, meritando in alcuni casi gli onori delle cronache a livello nazionale. Occorre, al più presto individuare forme alternative di finanziamento per scongiurare il rischio che ora queste realtà positive vengano finanziariamente penalizzate».

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