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Scontro sulla riforma della giustizia. La riforma Bonafede in bilico. Salvini, quel testo è acqua

Una riforma in bilico e i due partiti di governo allo scontro frontale. Sulla giustizia si consuma l’ultimo di numerosi strappi tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Il leader leghista boccia la riforma del ministro Alfonso Bonafede: “E’ acqua”. Il capo M5s scende in trincea a sua difesa. Così per tutto il pomeriggio a Palazzo Chigi va in scena una lunghissima trattativa e un braccio di ferro dall’esito fino alla fine incerto. Il premier Giuseppe Conte tratta: si cerca l’intesa sul testo ma per la prima volta la spaccatura potrebbe essere messa a verbale in Cdm. Salvini di primo mattino incontra il ministro Giulia Bongiorno e fa il punto su una bozza che scontenta in più parti la Lega: troppo lunghi sei anni per la durata dei processi e soprattutto niente riforma delle intercettazioni né separazione delle carriere. In diretta su Facebook dal Viminale, il leader leghista è durissimo: Bonafede “ci mette pure la buona volontà” ma la sua “cosiddetta riforma non c’è, è acqua”, dovrebbe essere “imponente, storica” come quella che la Lega ha “pronta” che separa le carriere, “dimezza i tempi dei processi, premia chi merita e punisce chi sbaglia”.

Non si fa attendere la replica di Di Maio, che pubblica una foto col Guardasigilli, a blindare il suo ministro: “La sua riforma è epocale, sanziona i magistrati che perdono tempo e riduce drasticamente i tempi dei processi. Basta con le spartizioni di potere al Csm. Mi auguro nessuno pensi di bloccarla, sarebbe un grave danno al Paese”, dice a Salvini. E’ in questo clima che si apre nel primo pomeriggio a Palazzo Chigi una girandola di riunioni, per provare a evitare una netta spaccatura nel governo. Conte, Di Maio e Salvini si vedono per la prima volta dopo il grande gelo nato dal caso Russia e danno il via libera a una girandola di riunioni politiche e tecniche per capire se un’intesa è possibile. Il testo, già modificato da Bonafede riducendo ad esempio da nove a sei anni i tempi dei processi, viene limato, per tutto il pomeriggio. Il Consiglio dei ministri inizia, perché bisogna prorogare con urgenza lo scioglimento di otto comuni e impugnare alcune leggi regionali, ma dopo cinque minuti si interrompe, per far posto alle riunioni politiche. Intanto nella Sala dei Galeoni di Palazzo Chigi allestiscono i podi per una conferenza stampa sulla riforma: saranno due (Conte o Bonafede) o tre (con loro Bongiorno) a seconda di come finirà ma si farà in ogni caso – viene spiegato – che la Lega ci sia o meno.

I Cinque stelle riconducono lo scontro alla voglia di Salvini di prendersi la scena. Il clima è sospeso, la tensione tra alleati alle stelle, la rottura a un passo. Quando due ore dopo la prima sospensione il Consiglio dei ministri riprende, Salvini si riunisce in disparte con Bongiorno e i sottosegretari Morrone e Molteni per definire la linea da tenere al tavolo del Cdm. Certo, si può rinviare la battaglia sul testo alle Aule parlamentari ma il risultato delle mediazioni non sembra ancora soddisfare la pattuglia salviniana. La trattativa prosegue ma nelle fila leghiste c’è chi torna a citare la parola “crisi”.

Sullo sfondo ci sono dati economici che impressionano: il Pil è fermo a zero nel secondo trimestre, la manovra economica d’autunno si annuncia un passaggio sempre più difficile. Salvini lancia un tour dal sapore elettorale al Sud e intanto convoca per martedì 6 agosto le parti sociali al Viminale, per proporre loro una riforma fiscale “coraggiosa”: le disponibilità dei sindacati arrivano, il tavolo dovrebbe svolgersi anche se Maurizio Landini sfida il leader leghista ad essere piuttosto al tavolo convocato per lunedì 5 da Conte con le parti sociali a Palazzo Chigi. E’ un inizio di settimana da brividi, quello che si annuncia. Alla scena dei due tavoli di governo sulla manovra, dovrebbe corrispondere in Senato uguale scena di due maggioranze sulla Tav (anche Forza Italia annuncia una mozione). Ma è soprattutto al decreto sicurezza bis, che si voterà il 6, che il leader leghista guarda con attenzione: a Palazzo Madama, dove arriva una nuova senatrice pentastellata, si tiene alta la guardia per una pattuglia (al momento se ne contano 4 o 5) di dissidenti M5s. Se il dissenso si allargasse, il governo rischierebbe davvero

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