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Sicurezza alimentare: non è un problema tecnico ma di democrazia e di modelli sociali

«Sicurezza alimentare significa recupero del diritto dei cittadini ad essere sovrani, la Sicurezza non è altro che una faccia di un problema molto più ampio. Siamo stati svuotati del rapporto tra cibo, territorio e cittadini. Il cibo è stato svuotato di contenuti e diventando solo una merce che compete sul mercato internazionale delle merci. Bisogna ritornare ad esaminare la crisi che è ambientale e di sicurezza, ma anche economica». Così parla il coordinatore nazionale di Altra Agricoltura Gianni Frabbris che abbiamo intervistato a margine di un inedito confronto fra alcuni dei soggetti che più si sono impegnati negli ultimi anni sui temi della difesa del territorio, della sicurezza alimentare e del diritto a produrre per quanto con responsabilità sociale ed ecologica. L’iniziativa è stata promossa dalla CNA, rappresentanza sindacale degli artigiani che ha invitato a discutere sull’argomento altri soggetti impegnati a diverso titolo nell’affrontare i problemi del rapporto fra tutela del territorio, sicurezza alimentare, produzione, distribuzione e consumo dei prodotti agroalimentari.

Chi paga il prezzo più alto della insicurezza alimentare?

«Indubbiamente i cittadini non solo quando comprano e consumano il prodotto ma, anche, quando sopportano gli effetti del suo impatto col territorio. Un modello socialmente ed economicamente scorretto non può che essere anche ecologicamente scorretto. L’idea dell’agricoltura come reparto all’aperto della produzione industriale  e  quella dell’agricoltura senza agricoltori (perché le materie prime del nostro made in Italy possono arrivare da qualunque altra parte del mondo costi meno produrle) non può che essere pagata pesantemente dal territori, dalla salute dei cittadini e dall’ambiente in cui vivono le nostre comunità».

E la Terra Fuochi?

«E’ l’esempio concreto di questo rischio e di come le nostre comunità siano oggi di fronte ad un doppio rischio mortale: quello di dover pagare i prezzi in termini di salute per un uso del territorio devastante che si è fatto negli anni scorsi (scorie, depositi di immondizia, inquinamento ambientale, agricoltura industriale, ecc..) ma anche quello che, venendo meno l’agricoltura di territorio e le aziende agricole e allevatrici produttive verrebbe meno la resistenza dei cicli economici e sociali positivi che spingono e inducono alla tutela. La resistenza dei Comitati della Terra dei Fuochi è l’esempio concreto del rischio e di come questo rischio sia potuto emergere solo per il protagonismo forte dei cittadini che acquistano coscienza e si mettono in campo».

Dunque, che fare?

«I comitati dei cittadini, le organizzazioni sociali, i presidi di democrazia, le imprese, il mondo della scienza e della tecnica sono chiamati a stare insieme, a costruire un nuovo racconto: quello che restituisce il diritto di scegliere e decidere alle comunità ed agli attori economici e sociali responsabili. La Sicurezza Alimentare non è questione di tecnica o di repressione ma sta dentro il quadro di un passaggio in avanti fondamentale: quello verso la Sovranità Alimentare ovvero verso un contesto in cui venga restituito alle comunità ed ai cittadini il diritto di decidere sul proprio modello di produzione, distribuzione e consumo degli alimenti e di gestione del suolo e delle risorse».

Che significa tutto questo?

«Recuperare il controllo sul valore aggiunto economico, sulla salute, sull’ambiente di cui siamo espropriati è una questione intimamente legata con il grado di civiltà che sostiene le nostre comunità che, di fronte allo svuotamento di valore del cibo e dell’ambiente, hanno il compito di riempire di democrazia e contenuti sostenibili il territorio e i processi economici».

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