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TOGHE E POLITICA:NUOVI CRITERI PER LA CANDIDABILITA’,L’ELEGGIBILITA’ E IL RICOLLOCAMENTO DEI MAGISTRATI CHE ABBIANO RICOPERTO INCARICHI POLITICI.

Dalla toga alla politica il passo può essere breve ma spesso poi i piedi si lasciano in due staffe in barba a uno dei principi fondamentali di uno Stato di diritto: la separazione dei poteri.

La pensava così uno statista come Aldo Moro: “E’ necessaria una limitazione per quanto riguarda l’appartenenza ai partiti politici. È un sacrificio che ritorna ad incremento della dignità dei magistrati e a maggior garanzia della loro funzione. I magistrati debbono essere non soltanto superiori ad ogni parzialità, ma anche ad ogni sospetto di parzialità” . 

Codici di comportamento che  approdano in aula alla Camera con una legge che arriva dopo tre anni di stop e che stabilisce i limiti e i passaggi in entrata e in uscita dei magistrati in politica. Nuovi criteri per la candidabilità, l’eleggibilità e il ricollocamento dei magistrati che abbiano ricoperto incarichi politici. Con alcune novità rispetto al testo licenziato dal Senato il 13 marzo 2014: la platea delle cariche elettive è stata ampliata, dagli Enti locali al Parlamento europeo, e però è stato alzato da 6 mesi a 5 anni il periodo nel quale il magistrato non deve aver prestato servizio nel territorio di riferimento della circoscrizione elettorale per potersi candidare.

Due i punti principali della legge: l’aspettativa e il ricollocamento, ovvero l’ingresso e l’esito. L’aspettativa è obbligatoria per l’intero svolgimento del mandato politico o per l’incarico amministrativo o governativo e i magistrati in aspettativa non possono cumulare le indennità: possono però scegliere il trattamento pensionistico più conveniente. Il periodo di aspettativa resta valido ai fini del computo dell’età pensionabile e dell’anzianità di servizio.

La domanda più delicata è però un’altra: esaurita la parentesi politica si riprende a indossare la toga? La legge prevede che i magistrati- politici possano essere ricollocati presso la Cassazione o l’avvocatura dello Stato o in un distretto di appello diverso da quello della circoscrizione di elezione. E’ in ogni caso previsto il divieto per tre anni di incarichi direttivi.

Non un taglio netto tra le due carriere, dunque, ma un  testo “equilibrato, non punitivo, che introduce giusti paletti” spiega il relatore della legge, Walter Verini.

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