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Un linguaggio smart per una nuova Europa

Non avrà stregato gli algidi parlamentari Nordeuropei,  ma il discorso pronunciato mercoledì scorso da Matteo Renzi nell’Aula del Europarlamento, nelle vesti di neo presidente del Consiglio dell’Unione europea, è stato un capolavoro comunicativo da cui le istituzioni e i tecnocrati di Strasburgo, Bruxelles e dintorni dovrebbero prendere spunto per far sì che l’Europa smetta di essere vista come un contenitore e inizi a essere contenuto. Di valori, anime e identità. Il Premier italiano ha affidato tecnicismi, numeri, diagrammi e previsioni al documento programmatico consegnato al presidente dell’Assemblea e ha parlato a braccio. 18 minuti nel primo intervento, più la replica. 18 minuti appassionati che hanno scavato un solco tra il linguaggio pre e post Renzi in Europa, primo segno evidente del cambiamento che il semestre appena iniziato vuole portare dentro i palazzi dell’Unione. Termini chiave, un discorso fatto di immagini inedite, accessibile, evocativo, alto e basso al tempo stesso, in una parola pop. A chi ha accusato il Presidente del Consiglio italiano di essere stato poco concreto, di aver fatto leva sulla retorica, oggi ha indirettamente risposto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, incontrando Barroso e i commissari europei, ha dichiarato che servirebbe in Europa una più semplice eloquenza. “Quando riusciremo a liberarci tutti da un certo codice cifrato – ha spiegato il nostro Capo dello Stato – potremo essere capiti meglio”.

L’operazione dell’ex sindaco di Firenze è stata proprio quella di parlare per essere capito da chi è all’esterno e comunicare lo spirito della sua Europa. Consapevole dell’attenzione mediatica che in Italia e non solo c’è attorno alle sua figura, ha usato il discorso programmatico come una vetrina e ha parlato innanzitutto al nostro Paese rassicurando quanti gli hanno consentito di sedere in quell’Assemblea anche da segretario del primo partito europeo, che il semestre italiano lavorerà per spingere quel Patto – oggi solo di Stabilità – verso la Crescita, restituirci peso e autorevolezza, riconquistare un ruolo da leader e non più semplice comprimario costretto a fare i compiti a casa. Difficilmente tedeschi e olandesi consentiranno di cambiare le regole del gioco, ma l’Italia si siederà al tavolo per trattare a nome suo e di altre nazioni, non per accettare passivamente. Renzi infatti ha parlato anche ai Paesi dell’area del Mediterraneo, al Sud del continente, facendo leva sul comune bagaglio culturale, quasi rivendicando la superiorità della cultura classica greco-latina su quella mitteleuropea e anglosassone. Ha rispolverato radici comuni ergendo l’Italia a punto di riferimento per un’intera area e ha annunciato, indirettamente, che l’Europa dovrà dare più attenzione al suo grande patrimonio di beni immateriali come via d’uscita dalla crisi. Ha parlato agli euroscettici di tutti i Paesi di una ritrovata fiducia nel futuro, marcando una distanza tra loro e chi crede in un’Europa che è comunità ed è più forte in quanto frontiera. Ha parlato ai giovani, alla generazione dei nativi europei, rimarcando la necessità del servizio civile europeo come volano per la costruzione di una comune identità e annunciando l’arrivo dell’ora di Telemaco, dei figli che vogliono prendere finalmente tra le mani il proprio avvenire, raccogliere e fare propria l’eredità dei padri aprendo una nuova fase storica per l’Unione. Renzi sa che l’Ue esisterà ancora e sarà forte solo nella misura in cui riuscirà a essere viva e a essere percepita come una necessità dai suoi cittadini, tra i quali i più giovani devono avere un posto d’onore. Ecco perché il suo discorso dovrebbe far scuola tra gli europarlamentari e non è passato inosservato agli eurocittadini.

 

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