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Uno non vale uno, Pizzarotti invoca il congresso del M5S

Sono lontani nel Movimento Cinque Stelle i tempi dell’uno vale uno. Il partito nato per essere un non-partito dopo quasi due anni in Parlamento ha lasciato per strada il motto iniziale. La scelta del comico genovese di istituire un direttorio di cinque uomini di sua fiducia, anche se passata per l’approvazione della Rete, è stata la definitiva rinuncia a uno schema di movimento in cui tutti contavano allo stesso modo, non c’erano gerarchie, se non quella rappresentata dall’organismo bicefalo e capelluto costituito da Grillo e Casaleggio, e gli eletti sono innanzitutto cittadini al servizio di altri cittadini prima ancora che delle istituzioni.

La crescente distanza di posizioni tra quelle che – prendendo in prestito termini “cari” al Partito Democratico – assomigliano sempre più a delle correnti, e a voglia di emergere dei singoli all’interno del Movimento, vanno sempre più accentuandosi e sono diversi i grillini che hanno messo la testa fuori dal sacco, che hanno trovato il coraggio di contraddire o quanto meno puntualizzare la linea del capo. Tra questi il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, per la verità da sempre uno dei più “ribelli”, che ieri ha riunito oltre quattrocento colleghi di partito tra consiglieri comunali, parlamentari e anche un eurodeputato e ha avvertito: «Il Movimento 5 Stelle siamo noi, la prima cosa che il direttorio dovrebbe fare è convocare una grande assemblea, se non vogliamo chiamarlo congresso, mettendo in discussione le scelte sbagliate». Poi riferendosi alla possibilità di togliere il nome di Beppe Grillo dal simbolo del M5S, proposta avanzata da Giulia Sarti, Pizzarotti ha commentato che sarebbe «un’evoluzione per il futuro, non mi pare una cosa terribile. Un passo indietro di Grillo? Mi sembra che la direzione sia già questa, e l’indicazione delle cinque persone mi sembra una indicazione di andare avanti con le nostre gambe».

Dall’Open Day parmense anche un’altra richiesta, oltre a quella di maggiore autonomia e oltre alle spinte “personalistiche”, cioè la necessità di ritrovare condivisione sui contenuti per rilanciare il Movimento e riportarlo alla “purezza ideologica” originaria.

«Non vado da nessuna parte – ha spiegato il sindaco pentastellato – Sono nel M5S e vorrei che il M5S si riconoscesse anche nel mio lavoro. I nemici sono fuori e invece noi ci facciamo la guerra dentro. L’auspicio è quello di riscoprire i valori da cui siamo partiti. Che erano sicuramente un po’ meno scontrini e molto di più sui contenuti».

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