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80 anni fa l’Italia entrò in guerra: “credere, obbedire,combattere”

Il 10 giugno del 1940 Benito Mussolini faceva il famoso discorso dal balcone di Piazza Venezia, a Roma, per annunciare l’entrata in guerra dell’Italia, che così irrompeva imprudentemente nella Seconda guerra mondiale. Credere, obbedire, combattere (l’articolo 4 dello Statuto fascista) era il motto del regime a vocazione imperialista, ma… il Paese era impreparato, e i capi di Stato Maggiore delle Armi ne erano consapevoli: secondo un rapporto che circolava, il tasso di preparazione bellica dell’Italia non superava il 40%. Ecco com’era messa la macchina bellica del nostro Paese in quel periodo, e questo risponde alla domanda.

Focus Storia 164

L’ESERCITO. Delle 73 divisioni schierate dal Regio Esercito (53 in patria, 14 nel nord Africa, 5 in Albania, 1 nell’Egeo) solo 19 erano complete, 34 incomplete, 20 poco efficienti. Gli automezzi erano 38.000 (contro i 600.000 tedeschi, i 350.000 britannici e i 300.000 francesi).

L’AVIAZIONE. La Regia Aeronautica schierava 5.240 velivoli, di cui 3.296 bellici e 1.796 operativi ma lenti e antiquati (783 bombardieri, 594 caccia e 419 aerei da ricognizione), con carenza di carburante e munizioni: in Africa settentrionale solo 5 mesi di scorte; nell’Africa Orientale Italiana un mese e mezzo di carburante e 5 di munizioni; nell’Egeo 2 mesi di carburante e 4 di munizioni.

LA FLOTTA. La Regia Marina era il fiore all’occhiello delle forze armate, ma non disponeva di radar né di portaerei. Vantava 4 corazzate (di cui 2 in costruzione), 19 incrociatori, 53 cacciatorpediniere e 115 sommergibili (di cui 12 in costruzione). Ma dopo il bombardamento sul portodi Taranto e la disfatta della Battaglia di Capo Matapàn, in Grecia, nel marzo del 1941, la flotta italiana sparì di fatto dai mari.

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