Economia e Welfare

Vetrella, l’Avellino-Rocchetta e l’alibi dei numeri

Il rischio è di risultare paranoici però, per chi vive, studia o lavora nelle aree interne della regione, le parole dell’assessore ai Trasporti Sergio Vetrella suonano come una forma di accanimento nei confronti dei cittadini di serie B, quelli che hanno come unica colpa il fatto di risiedere nei Comuni delle province non costiere. “Ci vogliono circa 700 milioni di investimenti a detta di Rfi, e il traffico passeggeri non è elevato. Diamo preferenza al ferro dove c’è un elevato traffico passeggeri. Come Regione abbiamo l’obbligo di fornire servizi di trasporto pubblico dove c’è utenza” – ha dichiarato lunedì l’assessore nel corso di un colloquio con una delegazione del M5S, a proposito della riattivazione della storica linea ferroviaria Avellino-Rocchetta. E’ l’alibi dei numeri a giustificare ogni sua dichiarazione e successiva azione. Dietro i numeri, e i conti che non tornano, di un settore affossato da sprechi e gestioni poco oculate, si celano le scelte dell’assessore regionale da quando è alla guida dei Trasporti campani: in pochi anni taglio dopo taglio il risultato ottenuto da Vetrella è stata la cancellazione pressoché totale dell’Irpinia dalla geografia ferroviaria della regione. Detto in altri termini, in provincia di Avellino treni non ne circolano più: quasi tutto il traffico pubblico locale è dirottato su gomma.

I numeri che l’Irpinia non ha, sono quelli che la vedono anno dopo anno spopolarsi, vittima di una desertificazione demografica senza soluzione di continuità. E’ noto anche agli irpini che la Avellino-Rocchetta, per cui da tempo si battono associazioni di cittadini ed ex ferrovieri, serviva a pochi già prima della sua chiusura nel 2010. Riscoperta e riportata mediaticamente alla ribalta dallo Sponz Fest di Vinicio Capossela nel mese di agosto, la tratta che unisce il capoluogo avellinese con Foggia attraversando la Valle dell’Ofanto, è più un prodotto per cultori del paesaggio e della bellezza, del turismo di nicchia e della mobilità dolce, che un servizio pubblico competitivo a disposizione delle masse. La sua riattivazione oggi non velocizzerebbe gli spostamenti dall’Alta Irpinia verso Avellino o Napoli, forse li intensificherebbe. Così come è evidente che la sua funzione di infrastruttura a servizio delle aree industriali dislocate lungo il tracciato può considerarsi archiviata da tempo, causa fallimento della stagione di industrializzazione pesante del post terremoto.

I numeri, che l’Irpinia ha, sono quelli relativi al risparmio che la Regione Campania ha ottenuto a oltre tre anni dalla chiusura della linea: circa un milione di euro all’anno, cioè 80mila euro al mese, secondo le stime dell’associazione In Loco Motivi che sottolinea: “Un risparmio non decisivo e fondamentale per le casse dell’assessorato campano ai Trasporti che ormai viaggia verso il fallimento del TPL campano”. Altri numeri noti, sono quelli forniti nel 2012 dall’allora manager di Trenitalia Mauro Moretti all’europarlamentare Gianni Pittella: “Sarebbero necessari interventi sull’infrastruttura e sugli apparati per circa 60 milioni di euro cui andrebbero aggiunti quelli di gestione corrente della linea (personale, manutenzione ordinaria, connessi servizi)”. Sessanta,  e non settecento.

Nella capacità di instradare sugli stessi binari i numeri di Vetrella e quelli di chi si batte per la ferrovia si nasconde un’idea diversa e possibile di sviluppo, sostenibile e compatibile, per le aree interne. Capire verso quale direzione di progresso si vuole viaggiare e usare in modo intelligente e coraggioso le opportunità che vengono dall’Europa per sfruttare l’infrastruttura esistente evitando che si riduca a uno scempio ambientale, può essere utile a creare occasioni per ritornare o restare, può frenare lo spopolamento, può generare economia che porta altra economia, utenza che porta altra utenza, che pacifica storia e futuro, diritto alla mobilità e conti pubblici. Vetrella in questi quattro anni ha finto di non vederlo, chi si candida nel 2015 ad amministrare la Regione dovrebbe ragionarci sin da adesso.

 

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