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Storia di un quotidiano disagio

Chi come me ha la sfortuna di fare il pendolare utilizzando l’intercity e non le frecce sa bene quant’amarezza c’è nelle parole che seguono, e che mai potranno rappresentare fedelmente la mortificazione dell’animo di centinaia di poveri travet costretti, per concorrere allo sviluppo morale o spirituale della nazione, a spostarsi da Napoli a Roma.

La mia storia quotidiana prende vita sul treno Intercity 582 delle ore 6:31, che dovrebbe arrivare alle 6:34. Questo treno sosta e carica centinaia di pendolari per Roma, anche e soprattutto ad Aversa, Formia e Latina.

Il ritardo fisiologico di 5/10 minuti considerando le soste, e lo sfascio generale del sistema paese, ormai non viene neanche preso in considerazione, che saranno mai 7 minuti di ritardo.
Il ritardo del treno è poi spesso aggravato dalla penosa messa in scena del remake di guardie e ladri con il personale di Trenitalia; nei panni di Aldo Fabrizi) e i loschi spacciatori Made in Neaples (in quelli di Totò) armati, si spera, solo di buste di plastica verde, che il biglietto o meglio l’abbonamento proprio non lo vogliono pagare, perché, parole loro, in famiglia hanno un tenore di vita di 2000€ al mese e pure lor’annà campà! In questa simpatica commedia alcuni attori in giacca blu sono conniventi, altri no, e proprio coloro che provano a far giustizia ai pendolari paganti spesso gli cagionano un aggravamento del danno da ritardo, in quanto chiamano in causa gli agenti di polizia, spesso impegnati ad inseguire ed individuare gli spregevoli malfattori. Alcuni tra il personale Trenitalia si caratterizzano, inoltre, per un patente razzismo, il biglietto lo chiedono sempre, e mostrandosi sempre intransigenti, agli immigrati che salgono ad Aversa e Formia, a loro che spesso sbagliano in buona fede, tocca di scendere o pagare, i napoletani con le buste verdi a Roma Termini, invece, ci arrivano sempre.

Poveri immigrati loro sull’intercity vengono trattati come i meridionali sulle frecce dirette al Nord (ma questa è un’altra storia).

Ma veniamo nello specifico al treno intercity 582 grazie al quale l’ottusa rigidità del sistema Trenitalia ha modo di manifestarsi plasticamente in tutta la sua “patologicità”.

Questo treno arriva da Salerno ed essendo Napoli centrale una stazione a imbuto per far ripartire il treno bisogna far arrivare una vettura locomotrice innanzi al convoglio ed agganciarla, ebbene, quest’operazione, che deve avvenire tutti i santi giorni, ogni tanto, non si sa perché, viene fatta in ritardo, e addirittura una volta solo alle 6:45 il capotreno si accorse che il locomotore mancava.
A questi quotidiani disagi e inefficienze si aggiungono furti di rame, ritardi nei regionali sulla stessa linea ferroviaria e le doverose precedenze che si devono, per entrare in stazione a Roma Termini, ai pendolini dell’hinterland capitolino e alle frecce.

A me pagare 218€ al mese per andare a lavorare a Roma in 2 ore e 15 minuti potrebbe pure star bene ma purtroppo nelle ultime settimane di ottobre, ed anche in questo inizio di Novembre le cose stanno gravemente peggiorando ed ormai, all’arrivo in piazza Garibaldi il 582, risulta spesso latitante e in questi casi, capitati recentemente al povero pendolare, capita di dover andare a elemosinare al personale di Trenitalia la cortesia di essere autorizzato a viaggiare sulle frecce per non arrivare tardi a lavoro (richiesta che tutto sommato dovrebbe essere ben comprensibile oltre che legittima), e invece ogni volta alle 6:15 comincia una battaglia alla ottusa rigidità di alcuni uomini che con questa scure danno la mazzata finale all’animo del povero pendolare che si sente rispondere:” per autorizzarla a prendere la freccia l’intercity deve fare almeno un’ora di ritardo”. Allora ti viene da urlare, ti vien voglia di menare le mani, ma ti sforzi di continuare ad avere un contegno civile e ribadisci fino allo sfinimento le tue argomentazioni fin quando poi l’intercity con 40 minuti di ritardo in partenza parte con la consapevolezza che arriverà con oltre un’ora di ritardo, ma parafrasando per l’ultima volta De Gregori… tutto questo Trenitalia non lo sa.

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