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E ora abbattiamoli tutti: la proposta WWF dopo Alimuri

Abbattuto l’ecomostro di Alimuri si apre la fase due del piano di ripristino del tratto di litorale del Comune di Vico Equense per 50 anni deturpato dallo scheletro dell’edificio diventato simbolo dello scempio ambientale lungo le coste campane. Il progetto prevede la messa in sicurezza del costone roccioso, la raccolta delle macerie e la rimozione dei rifiuti accumulatisi negli anni in quell’area per l’incuria e l’inciviltà degli automobilisti in transito sulla Statale Sorrentina.

«La demolizione dell’ecomostro di Alimuri, al confine tra il Parco Regionale dei Monti Lattari e la Zona a Protezione Speciale marina, aldilà della sua spettacolarizzazione e di ogni speculazione politica, assume un significato ben preciso e spinge il WWF a ripresentare con forza la richiesta ai Comuni, alle Regioni e al Governo, di invertire la tendenza rispetto alla ulteriore cementificazione della nostra fascia costiera, anche attraverso una moratoria, e di garantire il rispetto delle normative esistenti». Il presidente del WWF Penisola Sorrentina, Claudio D’Esposito, dopo l’abbattimento dell’ecomostro di Alimuri, rilancia immediatamente ricordando i dati emersi dal dossier “Cemento Coast to Coast: 25 anni di natura cancellata dalle più pregiate coste italiane”. Secondo lo studio WWF, sono 312 le macro attività umane che hanno sottratto suolo naturale lungo i litorali dal 1988 a oggi: villaggi, residence, centri commerciali, porti, autostrade, dighe e barriere.

Il censimento mette in mostra la trasformazione metropolitana delle coste italiane, individuando nella regione Campania una sorta di zona “grigia” in cui le colate di cemento continuano a minacciare i 480 km delle coste dove, oltre ai Siti di Importanza Comunitaria facenti parte della Rete Natura 2000, insistono alcune aree protette: il Parco regionale di Roccamonfina – Foce Garigliano; la Riserva naturale Foce del Volturno – Costa di Licola; la Riserva naturale Castelvolturno; il Parco regionale dei Campi Flegrei; il Parco sommerso di Gaiola; l’Area naturale marina protetta Punta Campanella; la Riserva naturale Foce Sele – Tanagro; l’Area marina protetta Santa Maria di Castellabate; il Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano e infine l’Area marina protetta Costa degli Infreschi e della Masseta.

«Questo è solo il macro che emerge, ma al di sotto ci sono tanti altri progetti realizzati e/o da realizzarsi (vedi Porto di Marina della Lobra a Massa Lubrense), che hanno dato o daranno un ulteriore contributo al consumo di suolo naturale e alla cementificazione delle coste – conclude d’Esposito – è tempo di avviare seri interventi di repressione degli abusi e una politica di reale tutela delle aree naturali e di arresto del consumo del suolo. Perché se è vero che il mostro dell’Alimuri è stato demolito, è anche vero che tanti altri abusi, nefandezze, mostri e mostriciattoli, più o meno completati ed evidenti, devastano con la loro presenza la costa e il paesaggio della Terra delle Sirene e dell’intera regione».

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