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Sport e Razzismo: con Tavecchio l’Italia resta indietro

«Ora dare del mangia-banane è una gaffe?». Vuole essere, ovviamente, una provocazione la frase di Daniele De Rossi pronunciata, ieri, in un’intervista. Invece, quella del vice-capitano della Roma, è un’ottima fonte da cui trarre un interessante spunto di riflessione.

 «Quindi – continua il giocatore – se mi dovesse scappare una cosa del genere in campo, guai a squalificarmi! »

La “gaffe” di cui parliamo è, inevitabilmente, l’infelice frase pronunciata da Carlo Tavecchio, prossimo (quasi certo) presidente della FIGC.

L’attuale presidente della Lega Dilettanti è, infatti, candidato alla guida del calcio italiano e gode dell’appoggio della maggioranza delle leghe e delle società di serie A e B.

«L’Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che Optì Pobà è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così ». E, invece, non va bene così, non deve andar bene così!

Già, perché l’interrogativo sollevato da De Rossi ha tutto il diritto di esistere. Non fosse altro che siamo reduci da una stagione tormentata da continui provvedimenti della giustizia sportiva contro i tifosi di tutta Italia per frasi e cori a sfondo razzista.

E che questo tentativo – mal riuscito – di limitare gli episodi discriminatori, ha portato all’esasperazione dei gesti di quegli pseudo-tifosi, fino ai fatti di Roma dello scorso Maggio, in cui ha perso la vita il napoletano Ciro Esposito.

Se uno sfottò vale uno stadio chiuso, non si comprende come una frase del genere non possa costare un ritiro della candidatura del dirigente lombardo.

Ma, soffermiamoci su un altro punto evidenziato da Carlo Tavecchio nel corso dello stesso intervento di cui sopra: «In Inghilterra,  quello stesso giocatore, deve dimostrare il suo curriculum e il suo pedigree…  »

E, allora, basta fare un clik su Wikipedia per scoprire che:

Carlo Tavecchio è stato processato e condannato cinque volte. È stato condannato […] per falsità in titolo di credito continuata in concorso, […] per evasione fiscale e dell’IVA, […] per omissione di versamento di ritenute previdenziali e assicurative, […] per omissione o falsità in denunce obbligatorie, […] per abuso d’ufficio per violazione delle norme anti-inquinamento, oltre a multe complessive per oltre 7.000 euro”

Sarebbe questo il pedigree che dovrebbe governare una macchina miliardaria come il calcio? Sarebbe questo il profilo giusto per rappresentare i valori di uno sport seguito da miliardi di persone in tutto il mondo?

Il Mondo… a proposito… basta poi fare un giro all’estero per rendersi conto di come gli altri Paesi intervengano in casi come questi.

In Spagna, lo scorso Maggio, un tifoso del Villareal è stato allontanato da tutte le manifestazioni sportive per aver tirato una banana a Dani Alves, difensore del Barcellona, durante una partita della Liga Spagnola.

In Germania, stessa sorte è toccata a qualche “tifoso” del Borussia Dortmund reo di aver intonato alcuni cori diffamatori.

Negli Stati Uniti, nella NBA, qualche mese fa, Donald Sterling, proprietario della franchigia dei Los Angeles Clippers, è stato obbligato a vendere la sua società per aver pronunciato frasi a sfondo razzista, il tutto condito da una salatissima multa da 2,5 milioni di dollari, massima sanzione imponibile nel campionato di basket americano.

«In Italia non si dimette mai nessuno » Conclude De Rossi. «In Francia, in Inghilterra, ovunque, per episodi del genere si paga duramente. Ma Italia, si sa, va così».

Già, Daniele… purtroppo.

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