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Biotecnologie: desiderio o diritto di avere un figlio

Grazie ai progressi della scienza e delle nuove tecnologie di riproduzione le coppie che, per ragioni di sterilità o infertilità, non riescono a concepire un figlio possono diventare genitori realizzando così una delle più profonde aspirazioni inerenti la sfera intima e personale di ogni essere umano. L’idea di armonia domestica centrata nella famiglia tradizionale viene messa in discussione dall’eterogeneità delle relazioni genetiche che la procreazione medicalmente assistita rende possibile. L’incidenza delle biotecnologie sui casi concreti della vita umana genera nuove posizioni giuridiche soggettive, facendo sorgere nuovi pretesi diritti, come quel tanto aspirato “diritto alla felicità”, che si sostanzia ad esempio nel cosiddetto “diritto ad avere

un figlio”. Le questioni etiche e giuridiche, connesse al progresso biotecnologico, avranno un impatto sempre più notevole sulla nostra società ed un incremento di casistica.

Nel nostro Paese, la legge 40/2004, all’articolo 4, comma 3, vietava tassativamente il ricorso alla tecnica di fecondazione eterologa. Nonostante la norma abbia formato oggetto di uno dei quattro quesiti referendari che la Corte Costituzionale aveva ritenuto ammissibile, il mancato raggiungimento del quorum nella consultazione referendaria del 12 e 13 giugno 2005 lasciò immutata la formulazione legislativa. In quel preciso momento storico, attraverso il potere persuasivo dei media, come afferma il Prof. Samuele Ciambriello, «si decide su pressione della lobby cattolica (trasversale agli schieramenti parlamentari) che non è il caso che gli italiani partecipano al referendum.

Li si convince che la fecondazione assistita non è “affar loro”, che riguarda al più una minoranza esigua» (cfr. “Dentro la Comunicazione” – Guida 2012). Secondo i dati forniti nel 2010 dall’Osservatorio sul Turismo Procreativo, creato da CECOS (associazione di centri per la PMA), sono mediamente 2.700 le coppie italiane che ogni anno si recano all’estero per tentare di avere un figlio mediante il ricorso a tecniche

di PMA di tipo eterologo. Per poter quantificare il fenomeno, l’analisi dell’Osservatorio ha preso in considerazione le mete più gettonate del turismo procreativo, monitorando 36 centri esteri di PMA. Da

una recente indagine, condotta nel 2012 dall’Osservatorio, emerge che sono circa 4000 le coppie italiane che nel 2011 hanno varcato i confini nazionali per cercare di dare una risposta al loro desiderio di avere un figlio. Nell’arco di questo decennio, in ragione del divieto assoluto del ricorso alla PMA di tipo eterologo, si è così legittimato il turismo procreativo mettendo a repentaglio la stessa integrità psico-fisica della coppia, esposta sia al disagio psicologico ed emotivo di allontanarsi dal proprio luogo degli affetti, sia al rischio di essere

contagiati da malattie trasmesse dal donatore/donatrice per carenze di controlli e informazioni. Analizzando anche le conseguenze di ordine economico del divieto di fecondazione eterologa vigente finora nel nostro ordinamento, si ritiene che abbia, inoltre, generato una sorta di doppia discriminazione: tra coloro che possono o meno permettersi di sopportare i costi economici necessari per accedere ai trattamenti di PMA eterologa all’estero, e nell’ambito di quest’ultima categoria di soggetti, tra coloro che dispongono di risorse economiche tali da consentire una scelta tra i centri di eccellenza cui rivolgersi e coloro che, al contrario, finiscono con l’essere costretti a rivolgersi a centri in cui non sempre vengono attuati seri controlli, con rischi ulteriori per la salute della donna e del nascituro.

L’incremento di questo fenomeno è anche la conseguenza della posizione di forte isolamento del nostro ordinamento rispetto al contesto europeo in materia. Dalla sua entrata in vigore ad oggi, la legge 40/2004 ha vissuto il susseguirsi di diversi ricorsi da parte dei tribunali ordinari, i quali prendendo spunto anche dalle argomentazioni addotte dai giudici di Strasburgo nella sentenza del 1 aprile 2010 prima, e nella sentenza del 3 novembre 2011 poi caso Austria, hanno sollevato la questione di legittimità Costituzionale del divieto assoluto di fecondazione eterologa. Dopo un lungo iter giurisprudenziale, sostanziatosi in un dialogo giuridico puramente processuale e non di merito tra Corti ordinarie e Consulta, il Giudice delle leggi con la pronuncia del 2014 n.162 ha dichiarato l’illegittimità Costituzionale del divieto di fecondazione eterologa ai sensi dell’articolo 4, comma 3, della legge 40. Il Prof. Giuseppe Tesauro scrive nelle motivazioni della sentenza: «La determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori costituzionali».

Tale sentenza apre un aspro dibattito in merito al vuoto normativo che si sarebbe venuto a creare come conseguenza della caduta del divieto e porta alla luce questioni etiche e giuridiche rilevanti, le quali necessitano di ricevere tutela, come ad esempio: la questione delle origini biologiche del nascituro che si contrappone con il diritto all’anonimato del donatore/donatrice, il disconoscimento di paternità/maternità come anche il diritto all’impugnazione, ancora il numero delle donazioni per ogni singolo donatore ed il commercio dei gameti… Con la dichiarazione di illegittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa si riconosce il “diritto a diventare genitori”, un diritto che prevede il rifiuto di ogni impedimento al suo esercizio, ma che non assurge ad essere assoluto in quanto esso va contemperato con la tutela di altri interessi giuridicamente rilevanti, attraverso un ragionevole bilanciamento tra gli stessi, nella ricerca di una tutela di tutte le parti coinvolte senza tralasciare la tutela dei più deboli. I principali problemi di ordine etico

connessi alla PMA eterologa sono riconducibili a specifiche aree critiche con evidenti ripercussioni sulla famiglia, nonché sull’identità biologica, psicologica e giuridica del nascituro. Sarà compito del legislatore regolamentare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale tutti gli aspetti critici e le implicazioni biogiuridiche in materia di fecondazione eterologa, prevenendo e prevedendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza e discriminazione tra cittadini.

Il riconoscimento della libertà ed autonomia delle persone nel campo della procreazione e della famiglia è l’esito di un processo storico in cui viene progressivamente affermandosi il principio di laicità dello Stato, uno Stato che non ha una sua visione etica da proporre a tutti i cittadini, ma è invece rispettoso delle scelte individuali ed offre a tutti pari opportunità di espressione.

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