Officina delle idee

Cara quercia dell’amore ti scrivo per dirti…

Nelle foreste del nord, circondato da laghi e terre paludose, cresce un albero che dona frutti d’amore a chi ha l’ardire di raccontargli i propri desideri. E a chi ha il coraggio di ascoltarli. Ci si arriva a piedi da Eutin, in Germania. Una manciata di case adorne di rose, sparpagliate tra campi di patate e battute dal vento del Baltico. Gli abitanti di queste terre la chiamano “quercia dello sposo”, perché la leggenda narra che una donna su un cavallo bianco incontrò qui il suo principe azzurro, legato al tronco. Nessuno però sa dire dove inizi davvero la storia di questa quercia, meta ogni giorno di un pellegrinaggio di cuori trepidanti e solitari. Da più di cinquecento anni, uomini e donne di ogni età spingono i loro passi tra le ombre taglienti della foresta fino a questo albero. Si arrampicano su una ripida scala di legno e, in un buco del tronco che somiglia a una tana di scoiattoli, cercano il proprio amore. Alcuni lo fanno lasciando una lettera, scritta con una calligrafia d’altri tempi, curata e sinuosa, alla quale hanno affidato i sospiri e le speranze del cuore. Altri, in quella stessa tana, vanno per raccoglierle e, seduti al sole, cercano tra le parole di sconosciuti quelle che sembrano scritte per loro.

«Da quando ci sono io, credo che questo vecchio albero abbia fatto sposare almeno cento coppie», racconta Karl Martens, il postino in pensione che, per oltre vent’anni, ha portato qui ogni mattina le lettere che da tutto il mondo arrivano all’ufficio postale di Eutin. «Mi chiamavano il messaggero dell’amore. La gente sapeva che arrivavo verso mezzogiorno e aspettava il mio arrivo nella foresta», racconta, aggiungendo che non sa se questo albero sia magico, ma di tutte le coppie nate sotto i suoi rami «nessuna si è mai separata. Perché l’amore, quello vero, vince anche la morte». Karl pronuncia queste parole con un velo di tristezza, inghiottendo un ricordo, in un’emozione che stride col suo piglio austero. Poi, schiarendosi la voce, si scusa di quella debolezza dovuta al fatto che la moglie è appena scomparsa e racconta che anche lui ha incontrato l’amore grazie alla quercia. È accaduto molti anni fa, quando l’ufficio postale gli ha affidato il compito di recapitare le lettere alla quercia. Il ranger che si prendeva cura di quei boschi riceveva ormai decine di messaggi d’amore ogni giorno, diretti all’albero, e non sapeva più come fare. Così l’ufficio postale assegnò alla quercia un vero e proprio indirizzo e lo inserì nel giro di Karl. Quel bizzarro incarico lo portò sulle tv di tutto il Paese e un giorno, tra le lettere da smistare, ne trovò una diretta a lui, al messaggero dell’amore. Fu così che conobbe Renate, una donna della sua età che viveva sul confine francese, dalle parti di Stoccarda. Lei lo aveva ascoltato parlare in un programma della sera e gli era piaciuto, perché in comune avevano un matrimonio fallito, un’inguaribile fiducia nell’amore e la giusta follia che incendia i sentimenti. Karl e Renate si incontrarono prima nelle loro lettere e poi in una vacanza lenta che li ha visti partire soli e tornare insieme fino a Eutin. «L’amore si costruisce un poco alla volta, giorno dopo giorno», dice Karl, che non ha mai creduto ai colpi di fulmine. «È come questa quercia. Se accettiamo la sua lentezza e smettiamo di identificarci nelle foglie caduche, diventeremo tutto l’albero, capace di superare ogni stagione».

Nei secoli infatti questa quercia è diventata il simbolo di un amore che non si arrende, un riscatto capace di unire ciò che gli uomini vorrebbero dividere. Il primo matrimonio celebrato sotto i suoi rami che si ricordi, fu tra il figlio di un cioccolataio e la figlia di una guardia forestale. Era il 1890, i sentimenti contavano meno dei contratti tra famiglie e quel matrimonio era giudicato inopportuno. Con la complicità della quercia, i due innamorati si incontrarono per anni, di nascosto, fino a commuovere gli stessi padri che un giorno si arresero. Molti anni più tardi, questa storia narrata dalla tv tedesca arrivò alle praterie di Bad Salzungen, nella Germania dell’Est. In una cucina piena di vapore e profumi di conserve per l’inverno, una giovane contadina ascoltava quel programma occidentale e proibito, seduta davanti a una tv in bianco e nero. L’audio basso e le immagini disturbate furono comunque sufficienti ad accendere la sua fantasia. A una carta rosa cipria, leggera come un velo, affidò il sogno di conoscere un uomo libero, oltre quel muro di filo spinato che vedeva dalla sua finestra. Infilò quel foglio in una busta, ci scrisse sopra “per la quercia dell’amore”, e la spedì. Arrivò fino alla foresta di Eutin, nelle mani di Friedrich, un uomo che come lei cercava l’amore. Era il 1988, il mondo era spaccato in due blocchi e la Germania divisa da un muro.
Friedrich e la moglie Claudia si sono conosciuti grazie alla quercia. Era il 1988, Claudia viveva a Bad Salzungen, nella Germania dell’Est, Friedrich in quella dell’Ovest e non è stato facile portare avanti la relazione. Ma ce l’hanno fatta e si sono sposati pochi mesi dopo il crollo del muro di Berlino.

«C’erano molte missive, ma la grafia aggraziata di questa donna dell’Est mi affascinò. La portai a casa e per prima cosa guardai sulla mappa dove fosse Bad Salzungen», racconta Friedrich, scambiando uno sguardo complice con Claudia, oggi sua moglie. Vivono a Malente, un borgo rurale a pochi chilometri da Eutin, in una casa col camino, una veranda piena di fiori e il tetto di maioliche blu. Lui meccanico, lei infermiera. Dal loro amore è nata una figlia e finalmente, da giovani nonni, godono i frutti del loro coraggio. Claudia e Friedrich si scrissero ogni giorno per molti mesi e qualche volta riuscirono anche a parlarsi. Il padre di Claudia infatti si occupava di manutenzioni di impianti e il governo locale della Ddr gli aveva concesso un apparecchio telefonico, l’unico nel raggio di chilometri. Le chiamate andavano programmate con giorni di anticipo e venivano ascoltate dalla polizia segreta, ma in una di quelle brevi conversazioni Claudia e Friedrich riuscirono anche a fidanzarsi. Avevano imparato a portare le parole oltre la censura e arrivarono a combinare anche il loro primo incontro. Accadde una domenica mattina. Guidando la sua Bmw, Friedrich attraversò la frontiera con la scusa di portare delle donazioni a uno zio sacerdote che viveva oltre confine. Con lo sguardo fisso sullo specchietto retrovisore, osservò le guardie armate farsi piccole tra la polvere del paesaggio. Allora svoltò bruscamente su una strada secondaria e senza fermarsi guidò fino da Claudia.

«C’erano molti bambini all’ingresso del villaggio e mi seguirono correndo fino alla sua casa», dice, volgendo lo sguardo alla moglie che gli siede vicino, nel soggiorno ordinato e semplice. «Lei era sulla porta e stringeva la foto che le avevo mandato per riconoscermi. Al suo fianco c’era il padre, che appena scesi dall’auto mi chiese di aprire il cofano. Voleva ammirare il motore: non aveva mai visto una Bmw». Versando del tè in una tazza di porcellana bianca decorata con un filo cobalto, Claudia torna a quel periodo difficile, ricordando che «più cresceva l’amore, più il muro che ci separava sembrava alto». Non hanno mai pensato di arrendersi, ma entrambi la sera del 9 novembre 1989, quando in tutto il mondo correvano le immagini del muro che cadeva a Berlino, piansero. «Ci siamo sentiti protagonisti e vincitori», spiega Fried­rich, «perché abbiamo creduto in un amore capace di superare i confini, fisici e mentali. Il mondo vedeva due Germanie, diverse e divise. Nessuno credeva nella nostra storia, ma noi credevamo nella forza rivoluzionaria dei sentimenti. Ci sentivamo forti del destino che ci aveva uniti». Nel giro di pochi mesi, Claudia e Friedrich si sposarono in quel villaggio dell’Est che li aveva visti amanti e non era passato neppure un anno quando nacque la loro figlia. Con la bambina ancora in fasce, decisero di andare a vivere tra i laghi del Nord, vicini a quell’albero che gli aveva regalato il dolce frutto dell’amore.

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